Andrea
Malabaila e la "Goldrake generation"
una intervista di Sergio Caprioli
Lei
afferma che non le piace "prendersi
sul serio": è forse perchè
teme che, come affermava B. Croce, "fino
a 14 anni tutti scrivono, dai 14 in poi
rimangono due categorie di scrittori:
i poeti e i cretini"?
Il fatto è che il fascino dello
scrittore lo sente soprattutto chi scrive.
La maggioranza della gente ti guarda con
un'aria un po' strana, fatica a capirti,
e allora sotto sotto ti etichetta come
caso clinico senza speranze. Difficile
che uno scrittore abbia la stessa considerazione
di una rockstar o di un calciatore. Accade
qualche volta, ma è veramente raro.
Certo, fa piacere se qualcuno se ne esce
con una frase che hai scritto tu - può
capitare di ricevere e-mail con citazioni
dal Malabaila, oppure che qualche amico
concluda un discorso con un "beh,
come hai scritto tu, blablablabla".
Sono soddisfazioni, ma non bastano a farti
montare la testa. Se ci fossero settantamila
persone che declamano in coro le tue parole,
allora forse ti monteresti la testa. Se
le ragazze appendessero in camera il poster
con la tua bella faccia, allora i casi
sarebbero due: o sei morto o ti monti
la testa. E a quel punto sì che
ti prendi sul serio, fai una qualunque
cagata e la reputi artistica e degna di
essere propinata al mondo intero. Ed è
così che perdi, senza accorgertene,
l'onestà iniziale. Nel momento
in cui ti convinci di essere arrivato
al top, allora puoi solo scendere, e artisticamente
sei morto.
A quindici anni hai il 100% di onestà
e di freschezza, a vent'anni hai mille
cose da dire ma sei già più
ricattabile, a trenta hai il giusto equilibrio
perché hai già un bel po'
di esperienza, a quaranta la freschezza
è un ricordo, poi sei da museo,
puoi fare accademia ma è difficile
che ci metti quel briciolo necessario
di emozione. Purtroppo, a meno di non
voler sfondare come Letterina di Passaparola
o come concorrente del Grande Fratello,
è difficile che ti diano retta
quando hai veramente qualcosa da dire.
Quando arrivi in cima è già
ora di aprire il paracadute.
Cosa
rappresenta "Stella"?
Per il protagonista di Quelli di Goldrake,
Stella è un ideale incarnato, la
classica fantasia di noi maschietti, la
ragazza carina-dolce-simpatica che speriamo
tutti d'incontrare. Purtroppo, la realtà
è un po' diversa, un conto sono
le proprie costruzioni mentali, un altro
sono le persone fisiche che abitano sul
Pianeta Terra. Stella è una specie
di aliena, finché dura. Poi la
realtà prende il sopravvento, ed
è normale che sia così.
E' come se ci fossero due Stella: una
è quella che il protagonista fa
vivere da anni nei suoi sogni da Peter
Pan, l'altra è la ragazza in carne
ed ossa che ad un certo punto scende dal
trono celeste e rivela la sua vera identità.
Il dramma del protagonista è di
vivere in una sorta di mondo parallelo,
di pensare che Stella sia l'ultima musa
stilnovista. Stella è contemplazione,
quasi adorazione. E' stasi che rifiuta
il movimento. Non a caso, appena la vede,
il nostro eroe la fotografa "con
una polaroid mentale". Stella è
fotografia, non è cinema. Il protagonista
rivede le immagini della storia solo quando
tutto è finito, e il succedersi
delle immagini significa cambiamento,
e il cambiamento fa paura.
Lei
ha raccontato la "Goldrake-generation":
fondamentalmente cos'è questa generazione?
Il titolo Quelli di Goldrake nasce
per contrasto. Mi ricordo che quand'ero
piccolo c'erano sociologi e maestre che
demonizzavano i cartoni giapponesi, definendoli
violenti e diseducativi. C'era chi profetizzava
l'avvento di una generazione cinica e
senza valori. Ora i figli di Goldrake
e Mazinga hanno 20-30 anni, e non mi risulta
siano peggiori dei giovani che li hanno
preceduti. E' stata una delle crociate
contro il nuovo, non la prima e nemmeno
l'ultima. Un tempo se la prendevano con
la televisione, dicevano che rincretiniva,
eppure gl'Italiani hanno imparato a capirsi
proprio grazie ad essa. Poi se la sono
presa coi cartoni giapponesi, solo perché
erano diversi da ciò che si era
abituati a vedere. Poi hanno detto che
i videogiochi fanno venire l'epilessia.
Adesso è il turno di Internet:
un ritrovo per pedofili e pervertiti.
E' sempre stato così e sempre lo
sarà. Il progresso va più
veloce di noi.
Il protagonista del mio romanzo è
cresciuto a pane e Goldrake, ma non gira
armato, non ammazza le vecchiette, sviene
davanti ad un'autopsia, si commuove, e
ama.
Si fa presto a condannare le novità
e tutto ciò che non capiamo, ma
ciò non serve a spiegare il mondo
unico che attraversa ogni persona. Ci
sono molti ragazzi che si sono ritrovati
nelle mie parole, e altri che si sono
chiamati fuori. Questo è normale.
Al di là del titolo generazionale,
non mi arrogo il diritto di parlare per
tutti e la mia visione della Goldrake-generation
è assolutamente soggettiva. Credo
però di aver raccontato una storia
esemplare, che può essere di tutti
ma può toccare il cuore soprattutto
di chi è in grado cogliere i riferimenti
più cari alla nostra generazione,
e non sto parlando solo degli uforobot,
ma anche di quegli eroi che hanno accompagnato
la nostra crescita, e del linguaggio ibrido
di pubblicità, televisione, videogames,
musica, cinema, fumetti e sport.
Lei
si è affermato principalmente grazie
ad internet: secondo Lei, quanto questo
mezzo di comunicazione può modificare
il rapporto tra l'editoria e gli scrittori
emergenti?
Internet, appunto. Ulteriore dimostrazione
di come ogni nuovo mezzo possa rivelarsi
utile; dipende unicamente dall'uso che
se ne fa. Per chi inizia a scrivere, Internet
è un mondo che merita di essere
scoperto. Ti permette di conoscere gente,
di entrare poco alla volta nell'ambiente
editoriale che è molto più
chiuso di quanto non si creda. Finché
ci saranno grosse case editrici che non
ti leggono e piccole case editrici che
vogliono derubarti con proposte davvero
indecenti, allora viva Internet e viva
quei pochi editori coraggiosi che rischiano
qualche soldo su di te. Penso sia la stessa
cosa anche per chi vuole sfondare in campo
musicale, e per questo non capisco tutta
la polemica su Napster. Ben vengano i
siti come Napster, tanto chi vende già
tanto non diventerà certo povero,
ma chi è agli inizi può
contare su una vetrina unica che nessuno
può garantire ad un esordiente.
Per quanto riguarda gli e-book, invece,
sono contrario, perché amo il libro
come oggetto da sfogliare e anche annusare:
l'odore della carta è qualcosa
di magico e non riproducibile.
Cosa
Le piace e cosa crede di aver preso da
Salinger?
Credo che un romanzo possa essere
considerato riuscito se funziona sia come
struttura generale sia nelle sue singole
parti. Se apro un libro in una pagina
a caso e leggo una frase, quella frase
deve piacermi - anche al di là
di tutto quel che gli sta intorno. Ecco,
con Salinger ciò accade sempre.
Ho iniziato ad amarlo nelle pagine holdeniane,
ed ho continuato con le altre sue opere.
Come molti salingeriani convinti, ritengo
che il vertice più alto sia rappresentato
dai Nove racconti, e quando voglio scrivere
un buon racconto mi rileggo qualche brano
per carpire quel ritmo unico, quell'equilibrio
e quell'ironia che sono un marchio di
fabbrica di Salinger. E poi la delicatezza
di certe intuizioni: pensiamo ad Holden
che ricorda, di una ragazza, un particolare
apparentemente insignificante come può
essere l'abitudine di tenere le dame nell'ultima
fila della scacchiera. Ma gli esempi potrebbero
essere tantissimi.
Spero di aver preso un po' di quella leggerezza
che è un ingrediente fondamentale
anche nella vita, e mi auguro che qualcuno,
leggendo una riga a caso dei miei racconti,
trovi un piccolo spunto o un'emozione.
La ringrazio per la disponibilità.
Grazie a voi, e grazie anche a chi vorrà
passare a trovarmi sul mio sito.
Per
gentile concessione di A.Malabaila
Intervista a cura di Sergio
Caprioli
|
Chi
è Andrea Malabaila?
Sono
nato a Torino giovedì 19 maggio
1977. Tre giorni dopo la Juve vinceva
lo scudetto con un punto di vantaggio
sul Toro, 51 a 50. Gli dei avevano deciso
la mia futura juventinità.
Nel
1998 ho vinto il mio primo premio letterario:
la Targa d'Onore del CONI al XXVII Concorso
Nazionale per il racconto sportivo. Il
racconto premiato era "Uno ics due".
Nel
1999 ho pubblicato il primo racconto.
Si tratta di "Henry jr. e i discepoli
di Peter Pan".
Ho
esordito nel 2000 col romanzo "Quelli
di Goldrake", edito da Michele Di
Salvo Editore.
Nel
2002 mi sono laureato in Scienze della
Comunicazione con una tesi sullo scrittore
Sergio Atzeni.
Nel
2003 è uscito il mio secondo romanzo,
"Bambole cattive a Green Park"
(Marsilio).
Nel
futuro spero di andare a vivere al mare.
Se
volessi interpretare la parte dello Scrittore
Figo, potrei dire che, come per Michelangelo,
anche per me il processo creativo avviene
per sottrazione e non per addizione; in
altre parole, non parto dal solito foglio
bianco ma da un foglio nero, al quale
gratto via l'inchiostro superfluo. In
parte è davvero così. Lo
scrittore non inventa niente perché
c'è già tutto nell'universo.
Deve solo essere attento a cogliere le
sfumature, a non fermarsi alle facili
apparenze, a cercare di fissare ciò
che è impalpabile ed evanescente.
E' un po' come addomesticare la natura,
convincerla a scivolare nelle pagine di
un libro. Federigo Tozzi scrisse che "ai
più interessa un omicidio o un
suicidio; ma è egualmente interessante,
se non di più, anche l'intuizione
e quindi il racconto di un qualsiasi misterioso
atto nostro; come potrebbe esser quello,
per esempio, di un uomo che a un certo
punto della sua strada si sofferma per
raccogliere un sasso che vede e poi prosegue
la sua passeggiata". Non c'è
bisogno di essere originali a tutti i
costi, perché niente è così
nuovo e stupefacente delle piccole cose
quotidiane.
Copyright © Andrea
Malabaila.
All Rights Reserved.
Tratto dal sito:
www.andreamalabaila.it
IL
LIBRO
Bambole cattive
a Green Park
di Andrea Malabaila
Editore
Marsilio
Venezia 2003
Pagine 211 Anno 1994
Euro 10.33
ISBN 888618008X
Un
finto sicuro. Un depresso. Un fidanzato
fedele. Hanno 18 anni e sono amici. A
due giorni dagli orali decidono di disertare
la maturità e scappare a Londra.
Qui si muovono a tempo di rock tra luci
da luna-park e ragazze da copertina. Ed
è proprio attraverso l'incontro
con tre giovanissime londinesi che la
tragedia irrompe nelle loro esistenze.
Una
storia bagnata di pioggia e inquietudine,
in cui l'impossibilità alla fine
vince su tutto, anche sugli anni giovani
e ribelli. Impossibilità di comunicare,
di dimenticare il passato, di essere sempre
coerenti, di scegliere davvero il proprio
destino, di vivere...
Una
storia elettrica, come Londra e come le
ragazze che sfoggiano sicure la maglietta
"GOOD GIRLS GO TO HEAVEN, BAD GIRLS
GO TO LONDON", come l'indimenticabile
Sally, a metà tra una coccinella
e l'eroina dei cartoni Lamù.
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