Max
Manfredi - musica e politica
una intervista di Sergio Caprioli
Visto
che ci ha caldamente esortato a chiederLe
il SUO pensiero più che quello
di altri, mi viene spontaneo di domandare
un suo parere sulle guerre, in generale.
Più che un'intervista, però
, ci piacerebbe "conversare"
con Lei su qualche argomento. In primo
luogo mi interesserebbe sapere quanto
sia legata la sua poetica al suo pensiero
socio-politico .
Sono legami carsici, nascosti. Il pensiero
socio-politico (e quindi, in definitiva,
etico) di una persona è soggetto
a entusiasmi, disincanti, frustrazioni
date dallo studio e dalle esperienze.
In molti casi frulla come un galletto
di latta al vento anche a seconda delle
necessità e delle convenienze.
A me sembra di individuare due direttive
fondamentali, della politica. Una, come
vita della "polis" ma non in
senso idilliaco, anzi, secondo una rete
di rapporti di micropotere; l'altra è
morale, e va dal generico impegno pacifista
o ecologista o animalista fino alla lotta
armata o alla guerra santa, senza che
ci siano, beninteso, rapporti necessari
fra queste tendenze; semplicemente, si
tratta di un'urgenza sentimentale ed esistenziale,
sociale e individuale, che tenta di trovare
uno sfogo pubblico.
Il simbolo di Erostrato è la
"torre di Tatlin" vista come
simbolo della autonomia intellettuale
spesso insidiata da "regimi"
più o meno manifesti. Molti artisti
(primo fa tutti De Andrè che Lei
ha potuto conoscere di persona e lavorarci)
hanno fatto della libertà di pensiero
l'emblema della loro arte. Ma l'artista
ha bisogno di un committente e tale committente
deve essere accontentato. Come si può
riuscire, dunque, a conciliare la libertà
dell'artista con la necessità di
soddisfare il proprio committente? Penso
al contrasto evidente che si coglie in
canzoni di De Andrè quali "Canzone
del maggio" e "Morire per delle
idee" (che pur non essendo stata
scritta da lui, sicuramente esprime il
pensiero del cantautore in quel periodo).Il
clima dell'ambiente circostante può,
quindi, influenzare l'artista
Mi sembra di individuare una frattura,
al di là delle propagande, fra
i partiti ed i loro enunciati e quelle
che sono i microfeudi, o macrofeudi, in
cui operano. Ad esempio, un artista può
essere "di sinistra" (faccio
solo un esempio) e non trovare sbocchi
della propria attività nei centri
di potere della sinistra; magari li trova
in ambienti partiticamente legati invece
alla destra. Paolo Pietrangeli fa il regista
a Mediaset, e ciò non toglie nulla
alla sua fede politica, immagino - forse
un po' di disillusione in più,
forse no. E' anche sintomatico il caso
di Giorgio Gaber. Un pensatore e cantante
scettico e umorale, critico fino al sarcasmo,
per motivi vari (non ultimo la posizione
politica della moglie Ombretta Colli)
viene accolto post-mortem nel sacrario
della destra, il che mi sembra non renda
giustizia ai suoi rovelli ideologici e
sentimentali. Esibirsi a un festival di
Rifondazione o della Lega, o di AN, può
dare certo un'indicazione pubblica delle
proprie preferenze politiche, ma mettiamo
il caso di un performer intimamente fascista
che, snobbato dai partiti a lui più
consoni, venga richiesto da una organizzazione
di sinistra perchè, poniamo, fa
pubblico: la sua scelta sarà fra
la partecipazione e la rinuncia a qualsiasi
attività.
Mi sembra quasi di cogliere qualche
riferimento autobiografico
Autobiografico
nel senso di un disorientamento, che sento,
fra l'artista, i mediatori e la cosiddetta
"committenza"
ma la libertà,
in questo modo, dove va a finire?
E' difficile scagliare la prima pietra,
e questa pietra, se è scagliata,
proviene da una violenta urgenza morale
e sociale, che spesso non ha nulla a che
vedere con le reali situazione del potere,
quando va bene è un gesto nobile
e disperato, un gesto religioso, la pietra
dell'Intifada. Quello che faccio io è
tenere in vita, contribuire a tenere in
vita una possibilità estetica,
quella che concerne la canzone d'autore,
senza inchinarmi ai linguaggi del totalitarismo,
che poi non sono - come diceva il buon
don Milani - i linguaggi della cultura,
ma, anzi, quelli misti della specializzazione
tecnologica e dell'ignoranza di massa.
I linguaggi avallati dai media, a partire
dalla farsa atroce dell'auditel, fino
ad arrivare a differenziazioni più
sofisticate.
Sì però a me interessava
il legame tra il suo pensiero politico
e le sue canzoni
Non so se con le mie canzoni faccio
politica, al di là del consueto
compito di salvare le statutette votive
dei Lari e dei Penati dall'incendio. Sicuramente,
in parte, subisco una latitanza mediatica,
e di mediatori, una mancanza di pubblicità,
anche a causa di un motivo che possiamo
ascrivere alla politica, in senso generale:
la differenza tra il mio linguaggio e
quelli imposti o più facilmente
proposti. Allora qui le innervature si
fanno sottili. Non dimentichiamoci che
i partiti lavorano filogeneticamente sull'abitudine,
sui beni rifugio e sulle mode attuali;
tanto più ora che, destra e sinistra,
sono state entrambe benedette dall'esame
di realtà del marketing! Come vede
è difficile sintetizzare una posizione
complessa e balorda come quella della
politica attuale, e mia personale in rapporto
ad essa. Ci vorrebbe un intero volume
con le figure in rilievo!
Mi sembra di aver letto da qualche
parte che Lei (se non vado errato) ha
cantato al funerale di Carlo Giuliani.
Di sicuro la morte di Carlo ha colpito
la coscienza di ognuno. Al di là
delle strumentalizzazioni messe in atto
dalle varie "parti", resta il
fatto che qualcosa sta cambiando nella
"comunità occidentale"
.A mio avviso il movimento "no global"
ha avuto indiscutibilmente il merito di
stimolare lo spirito critico nell'opinione
pubblica, sfatando la incorruttibilità
di veri e propri miti come "Nike"
o "McDonalds". Lei cosa ne pensa?
Va errato. In realtà nessuno
mi ha chiesto di cantare al funerale di
Carlo Giuliani. Lo ha fatto invece l'amico
Alessio Lega, quello di cui vi ho dato
la mail. Cosa penso della morte di Carlo
Giuliani? Che è stata la ciliegina
sulla torta di un fatto vergognoso come
il G8. Il G8 per me era vergognoso fin
dall'inizio. Genova si fa bella... sì,
per fare la puttana dei potenti. Genova
può farsi bella quanto vuole senza
bisogno di obbligare i suoi cittadini
a vivere nella galera virtuale dei jersey
eretti un po' ovunque. A me ha dato fastidio
il fatto che i cittadini non fossero nemmeno
interpellati, ed obbligati al disagio
di due o tre giorni. Era vergognoso fin
dall'inizio, ma poi lo è diventato
drammaticamente. I fatti della scuola
Diaz e tutti gli altri dimostrano premeditazione,
arroganza, inefficienza. Se fossi convinto
di vivere in una democrazia, e non lo
sono affatto, ne sarei allarmato. Dirò
di più. Se fossi un fervente democratico,
che, come tale, deve avere stima dell'operato
delle forze dell'ordine, sarei scandalizzato
e farei di tutto per sapere la verità
dei fatti. Se fossi di destra, ma non
in malafede, auspicherei indagini e punizioni
severe nei confronti dei responsabili,
ma anche dei manovali della violenza istituzionale.
Se fossi
ma non sono. La sua
a tratti sembra una "filosofia negativa",
ma Lei cosa pensa?
Che anche di qui si vede come il nostro
sistema democratico e "bipartitico"
nasconde un odio fra le fazioni ben diverso
da quanto ci si aspetterebbe in una cosiddetta
"democrazia matura". Insomma,
Don Camillo non è morto. Devo rimarcare
l'ingenuità allarmante della controparte:
scambiare la politica per un videogame
con l'assalto alla "zona rossa",
improvvisarsi apprendisti stregoni di
una piazza incontrollabile senza neanche
un servizio d'ordine, come qualsiasi cigiellino
avrebbe insegnato. Detto questo, posso
capire la voglia di testimoniare fisicamente
il proprio dissenso. Credo che ci fossero
pacifisti ad oltranza (quelli che le hanno
prese di più), "possibilisti"
dello scontro fisico ("sono munito
delle migliori intenzioni ma i lacrimogeni
mi danno fastidio, e se mi picchi col
manganello e mi vieni addosso coi blindati
ti tiro le pietre, se posso") e provocatori
agili come ballerini, che mi risulta siano
rimasti indisturbati nello "stage"
fumante della battaglia. Cosa alquanto
inquietante
Aggiungo che comprendo
le esigenze di tutti, pure quelle rivoluzionarie,
ma non sono un affezionato della piazza:
la carne che si fa statistica, o, peggio,
carne da macello. Sono convinto che la
semplice idea di maggioranza e di forza
numerica vada ripensata. Ho l'impressione
che la piazza sia rimasta l'unico giocattolo
entusiasta nelle mani di una sinistra
poco solida.
Concordo con Lei sulla definizione
attribuita alla sinistra, ma qualche sua
affermazione, caro Max, mi preoccupa un
po': non sarà mica uno skinhead?!
(scherzo)
Non scherziamo, ho molti capelli.
Il fatto che comincino ad incanutirsi
mi permette di rifiutare il massimalismo
rozzo del "con noi o contro di noi".
Noi, chi? Chi rappresenta chi?" Sto
parlando delle impressioni sulla situazione
italiana. Anche qui ci sarebbe da dissertare
(da disertare?) a lungo. Al di là
delle "beghe" locali, c'è
uno scenario in evoluzione nella società
occidentale, ma potrebbe essere solo un'illusione
E' probabile che qualcosa cambi e si risvegli
una semplice coscienza dell'inaccettabile.
Che la realtà. così come
è organizzata, sia inaccettabile,
è un dato di fatto etico. Che in
trecentomila si spartiscano l'intero bene
del pianeta, è una enormità
economica. La "globalizzazione"
ha portato a questa radiografata coscienza
delle responsabilità di un pianeta.
In questo senso
una reazione, un movimento contrario,
anche di piazza, è giusto ed augurabile.
Queste parole mi sollevano
C'è però molta confusione
nelle reazioni. Un ragazzino, preso da
sacro furore, spacca un bancomat. Il giorno
dopo ne cerca uno perché ha bisogno
di soldi. Si protesta contro il transgenico,
e si consumano prodotti culturali assolutamente
transgenici (dai videoclip alle musiche).
Posso essere più radicale? Il mito
di incorruttibilità dei Mac Donald's
è infranto (più che altro
le vetrine)... e quello di Manu Chao?
(e sto parlando di una persona che trovo
abile, brava e simpatica!).
anche
queste mi sollevano! Indubbiamente c'è
molta confusione, molto populismo. Confesso
che nemmeno io amo molto "la piazza"
o meglio, non nutro fiducia in essa quando
si tratta di esporre idee chiare e precise.
Resta il fatto, però, che rappresenta
un utilissimo strumento democratico che-
strumentalizzazioni a parte- va sfruttato.
Prenda le manifestazioni per la pace in
questi giorni tesissimi : quantomeno nessuno,
nemmeno l'osservatore più distratto,
potrà dire che "l'Occidente"
voleva la guerra. La mia politica è
una politica nascosta, una politica della
santità. Si tratta di portare il
centro verso il margine, piuttosto che
il contrario. Le cose nascoste hanno bisogno
di estrema attenzione per giungere alla
luce. Certi fossili si sfaldano, scompaiono.
Quello che mi trovo a fare è un
ostinato lavoro che sta tra l'artigianato
e la magia.
Certo che Lei gli artigiani li ha
proprio nel cuore visto che li richiama
spesso anche nelle sue canzoni
ma
continui pure...
Durante i giorni della Comune di Parigi,
Heinrich Heine, uno dei miei poeti preferiti,
uno dei testimoni più ironici e
dolorosi, lucidissimo, della crisi del
suo tempo, della necessità, dell'attesa
e della latitanza d'un tempo nuovo, si
occupava di traduzioni col poeta Gerard
De Nerval. Un altro grande poeta, Rimbaud,
andava a far confusione sulle barricate,
seguendo, o forse fuggendo, il suo estro
gigantesco. Tale Charles Baudelaire, si
dice, proponeva ai rivoltosi di uccidere
il suo tirchio patrigno. Venivano utili
alla causa? Come e quale? Non la mia posizione
politica, ma i miei dubbi, le speranze
e i disincanti, le paure e la rabbia sono
espressi nelle mie canzoni, inevitabilmente.
Avete il cd "Max", politicamente
rigorosamente fuori catalogo, e che nessuno
si sogna, politicamente, di ristampare?
Ehm
confesso la mia ignoranza,
senza offesa prometto che lo cercherò!
"I segni della fine", "Jan
di Leida", sono canzoni di chi grida
nel deserto. E il deserto è pieno
di presenze... Ma anche "La fiera
della Maddalena", a leggere bene,
è una canzone politica. Una canzone
bellissima, devo dire, nella quale la
sua voce e quella di De Andrè si
mescolano in modo quasi perfetto. Come
vedete, quando vengo interpellato sui
massimi sistemi, vado un po' per le lunghe...
Già ma direi che può
bastare così. La ringrazio per
essere intervenuto , ora potremmo raccontare
ai nipotini di aver avuto il cantautore
che De Andrè definiva "il
migliore di tutti".
La prossima volta tenterò di
rispondere per aforismi
Per gentile
concessione di Max Manfredi
Intervista a cura di Sergio
Caprioli
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