Il racconto sta al romanzo come i cento e i duecento metri stanno alla maratona.
Io amo l’immediatezza, la velocità e lo scatto rabbioso. (…)
Il racconto sta al romanzo come i cento e i duecento metri stanno alla maratona.
Io amo l’immediatezza, la velocità e lo scatto rabbioso. (…) Forse è perché mi sento più Berruti o Mennea piuttosto che Abebe Bikila, che ho scelto il racconto come forma espressiva e nel racconto concentro tutta la foga, la rabbia e la poesia di cui mi sento capace. (...)
Nel racconto c’è uno slancio corto e improvviso che ti catapulta a testa in giù, nel culmine dell’abisso e può farti scorgere splendidi fondali marini da cui riemergere, con un altro balzo verso l’alto, pugni protesi verso il cielo, quasi rigenerato da quel viaggio rapidissimo nel tuo inconscio.
(P.W.)
Patricia Wolf si autodefinisce “l’ultima dei rock-mantici”. Giornalista, scrittrice, a modo suo un po’ poeta: fra le sue pubblicazioni, i romanzi “Mia forever”, “Blackout mentale”, “A sedici anni ero uno dei Byrds”, il thriller “Games on the water”, l’antologia di racconti “Fuori dal gioco”,il trittico dedicato ai fans dell’hard rock anni 80 “C’era una volta il metal” e la raccolta di articoli “Kontrokorrente”.
Dalla prefazione:
L’autrice, Patricia Wolf, ha dato al lettore una chiave di lettura di questa ricca antologia di racconti. Ha suddiviso i racconti in 4 “zone”, Thrilling, Kicking, Remembering e Joking. E il lettore è indotto a credere che ci sia un’ispirazione diversa per ciascuno dei settori. Ed è così, perché la scrittura di P.W. è variegata, caleidoscopica perché segue una mente vulcanica che non conosce soste. Eppure…vorrei proporre al lettore di rimettere in disordine i vari racconti, toglierli dalle loro “zone” e giocare a rimetterli a posto, a ricostruire il puzzle così come l’autrice lo ha immaginato. Immagino che sarebbe un gioco divertente e intrigante, riuscire a pensare che un racconto sia joking anziché remembering o kicking. Ogni suo racconto contiene almeno due dei connotati di “zona”, ogni pagina ci fa divertire ma può farci sentire un groppo in gola, oppure tenerci sospesi in una tenace suspense che non lascia prevedere quel finale che sempre, in ciascun racconto, ci lascia sorpresi e sospesi, come ad attendere che qualcosa ancora accada. E’ l’arte dell’affabulazione, è il piacere di una scrittura vivace e giocosa anche quando si tratta di affondare nei ricordi o di scoprire le illusioni che vengono disilluse, o quando il gioco diventa troppo duro e può far male.
Apriamo per esempio As Usually, oppure all’inizio, Quando è amore… La prontezza di tiro del titolo, la ripetizione di quel titolo nel racconto come una nenia, come un’ossessione, ed è ossessione, un finale sorprendente in entrambi, una sorpresa che ammutolisce il lettore, il quale non riconosce più per un attimo i propri punti di riferimento e si chiede… da dove vengono questi personaggi? Vengono dal ritmo febbrile di una mente inarresta (...) - (continua)
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