Agitare con prudenza.
In questo libro, troverete molte finestre aperte su stagioni e paesaggi diversi di un mondo immaginario eppure, in un certo modo, coerente. Un teatrino di personaggi sperduti, testardi, a volte brutali, mossi dalla consapevolezza di una mancanza, di un vuoto al quale non sanno dare un nome preciso ma che sognano confusamente di colmare. E questa necessità li spinge a viaggiare, a cercare, a rovesciare il tavolo, a cambiare tutte le carte della mano, contro ogni logica, perché o si trova una scala reale o non ha senso giocare. E tanti saluti a chi si contenta di vincere con una doppia coppia.
Siano essi geniali (e molto distratti) ingegneri, brutali e giganteschi barbari imprigionati in un mondo a metà fra Howard e Lord Dunsany, ombre nel deserto, impiegati non del tutto disposti a piegarsi, vecchi e bellicosi contadini toscani o fantasmi, a loro modo piuttosto concreti.
Completano il tutto un paio di divagazioni giovanili, che ho incluso più che altro per nostalgia, come fossero quei pezzi che si trovano a volte nei musei, quelli che nessuno sa davvero cosa fossero o a cosa servissero ma sembra brutto lasciarli in una cassa sul retro. Così li si espone con una avvertenza in caratteri piccoli: ritrovamento non catalogato, uso incerto. Agitare con prudenza.
Marco R. Capelli Scrittore, traduttore, autore di testi per canzoni e poesie. Dirige la rivista letteraria telematico-cartacea Progetto Babele, da lui fondata nel 2001. E' autore di numerosi racconti e saggi pubblicati su antologie, riviste cartacee o telematiche ed e-book.
Dal 2003 è iscritto alla SIAE come paroliere e dalla collaborazione con il musicista romano Andrea Menarini sono nati sette CD basati sui suoi testi in lingua inglese.
Dall'editoriale:
Questo libro è, in un certo senso, un atto dovuto. Dovuto a me stesso. Superata abbondantemente la mezzeria della vita (Dante, al mio confronto, è un giovanotto) si fa strada, subdolamente, il desiderio di terminare le tante cose inevitabilmente lasciate in sospeso. Non è necessario scomodare Freud (o Jung che, personalmente, preferisco) per capire che questo desiderio è figlio legittimo della consapevolezza – non paura – che il tempo che resta da sprecare è diventato improvvisamente assai meno di quello che già si è sprecato. Uno stato d’animo, per capirci, assai diverso da quello di chi s’appresta a varcare lalinea d’ombra: non si tratta più di prepararsi a remare, la sfida è tirare i remi in barca con ordine e dignità. E’ con questo spirito che ho, finalmente, deciso di affrontare questi dodici racconti orfani (mi si passi, come debolezza senile, l’ardire della parafrasi).
Se ne stavano da un pezzo in una cartella (virtuale), alcuni avevano già visto in qualche modo la luce, su carta o in formato elettronico, altri erano stati – per differenti motivi – temporaneamente abbandonati. (Tutti quelli che scrivono, o dipingono o compongono, sanno che non si termina mai davvero un lavoro, al più, un giorno, lo si abbandona, o lo si pubblica, o lo si vende.)
L’idea di raccoglierli assieme non era nuova, tuttavia mi erano sempre parsi, in un certo senso, troppo disomogenei, distanti per tematiche e ambientazioni. Mi sono, invece, reso conto, rileggendoli oggi che anche io tiro qualche somma (come alcuni personaggi del libro) che un filo conduttore non solo esiste, ma è solido e resistente e tiene assieme – sia pure quando è appena visibile – l’intera raccolta. Tutti i personaggi del libro, vittime e carnefici, sono legati d (...) - (continua)
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