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I
Silvïo arzillo, chè giammai non posi di calcare la scena? Pur se il tuo ruolo è quello del pagliaccio, e più che il riso susciti gran pena, le malefatte tue io qui non taccio. Non taccio il giorno in cui con sicumera (quel maledetto giorno) a doppio filo ti legasti a gente del calibro di Stefano Bontade. E’ questa la sorgente, quella vera, senza girare intorno, del patrimonio tuo, assai imponente, che di soprusi è frutto e di viltade. E tanto ben appresa hai tu quell’arte, che l’esito trasuda d’ogni parte. II Neppur qui taccio il giorno in cui, mendìco, di Bettino alla reggia ti presentasti col cappello in mano chiedendo d’aderire alla sua greggia, la corte del padrone di Milano! E ancor che a primeggiar tu fossi aduso e dedito al comando, signore incontrastato di Brianza, tu ti piegasti al giogo del puparo. Costretto a sopportar qualunque abuso, pel fine tuo nefando, paziente ti piegasti all’arroganza e a trangugiar più d’un boccone amaro. Pagasti il tuo potere col disprezzo, vendendo dignità che non ha prezzo! III Il sordido costume tuo non taccio (costume assai nefando) di calpestar le leggi a nostre spese. E ancor di più tu le deridi, quando ti presti a governare il tuo Paese. Ed ove fosse mai qualcuno al mondo ( ma ver non è che sia) che, ora con blandizie or con furore, tentasse imporre altrui la sua presenza, a tutta sua follia darebbe fondo. D’uopo è che allor non fia che torni a governar con disonore chi tosto è pronto a barattar sentenza. Non lice adunque a un reo dar mandato, che grande corruttor s’è rivelato. IV Uomo di scena, piccolo pagliaccio, o sventurata e degna dell’Età nostra fatua comparsa, or quelli che non seguono tua insegna voglion veder la fine di tua farsa. Tale sarebbe, se non fosse vera l’ascosa tua virtù di manovrar le menti e le coscienze per meglio satisfar tuoi loschi fini. Scese con te su noi la notte nera e quel che peggio fu, costretti a correr dietro a le parvenze, buttammo fuor gli istinti più ferini. Chi amor di patria ancora nutre in petto a Silvio mai non può negar dispetto!
©
Giovanni Sturniolo
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