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La pigna lanciata da chissà chi lo colpì in pieno naso svegliandolo di soprassalto, con un sussulto che lo fece scapocciare contro un grosso ramo. Pettorosso iniziò a annaspare sbraitando ora contro quel manigoldo ora in direzione di quel lestofante. In realtà non v’erano attorno né malandrini né briganti, ma ebbe il suo bel daffare per calmarsi. Realizzato che nessuno stava attentando alla sua vita, cominciò a massaggiarsi il suo bel nasino di folletto canterino. Perché è proprio questo che lui era: il miglior folletto canterino di tutto la foresta. L’ugola verde più ammirata in tutto il Regno del Sottobosco. Strofinandosi l’enorme bernoccolo che gli era spuntato al centro della zucca, iniziò a guardarsi attorno. Urla scalmanate giungevano al di dà di una lunga siepe, poco lontano dal suo giaciglio. C’era da immaginarselo: ancora una volta la tribù degli gnomi castagnacci e quella degli silfi nocetti erano scesi in combutta tra di loro e se le stavano tirando di santa ragione. Si avvicinò prudentemente alla fila di arbusti attento a non sporgersi troppo per evitare di essere colpito nuovamente da qualche pesante frutto di bosco. Non appena giunse nei pressi dei cespugli, una vera e propria raffica di castagne, noci, ghiande, nocciole, pinoli e mandorle saettò minacciosa sibilante sopra il suo morbido berretto di feltro. “Per mille funghi trifolati - esclamò - non li ho visti mai così arrabbiati. Qua le cose si mettono davvero male!” In verità, gli era successo già tante volte di assistere ad uno scontro tra le due tribù. Erano ormai secoli che si sfidavano ciclicamente per conquistare la supremazia del sottobosco. Non passava settimana che i due eserciti non si ritrovassero uno di fronte all’altro in qualche radura o nel centro di un ampio prato per poi combattere fino all’ultima pigna. E mai v’era stato un vincitore. Eppure quella mattina non sembrava il solito scontro, come se da entrambe le parti vi fosse la volontà di farla finita una volta per tutte tanto era l’impeto con il quale si scagliavano addosso le inusuali munizioni. Il combattimento andò avanti per tutta la mattinata e gran parte del pomeriggio, si che il terreno del bosco era letteralmente intasato da almeno trenta centimetri di macerie ghiandose e nocciolose. Per entrambi gli schieramenti era così diventato impossibile continuare le proprie manovre belliche,e questo è piuttosto naturale considerando che gli gnomi castagnacci ed i silfi nocelli sono alti poco più di uno stivale. E così, anche quella volta dovettero arrendersi all’evidenza e considerare in pareggio l’ennesimo scontro. Come da tradizione, gli eserciti si ritirarono velocemente presso le retrovie con l’unico intento di rifocillarsi a dovere in attesa del prossimo combattimento. Tavoli golosamente imbanditi con ogni sorta di prelibatezza li attendevano sotto immense querce dalle cui massicce protuberanze ramose penzolavano magiche lanterne sfavillanti di fuoco fatuo. Pettorosso non riuscì mai a capirne il motivo, ma sta di fatto che lo fece senza pensarci troppo su e, come tutte le decisioni prese d’istinto, si rivelò assolutamente geniale. Prima si recò all’accampamento dei silfi nocelli chiedendo udienza a Nocione l’Ardito, il loro sommo condottiero. A lui spiegò il suo piano e lo stesso fece con Castagnaccio Cuor di Marrone, gran comandante degli gnomi castagnacci. L’idea era questa: considerando gli infruttuosi tentativi militari, le due tribù si sarebbero sfidate in una gara di cucina all’ultima portata! Dopo lunghi colloqui ai quali parteciparono le personalità più importanti di entrambi i clan, alla fine il piano di Pettorosso fu approvato. Anche se non avesse funzionato, almeno avrebbero mangiato! E fu così che iniziarono le grandi manovre culinarie. Al tramonto dell’indomani, ovunque era tutto un cucinare, scaldare, impastare, condire, ornare, cuocere, mescolare, amalgamare, aromatizzare. Per l’eccezionale occasione furono apparecchiate lunghissime tavolate presso le quali presero posto non solo coloro che avrebbero dovuto valutare le pietanze (fate assaggiatrici, elfi dei fornelli e spiritelli appetitosi) ma entrambi gli eserciti avversari. Interminabili portate di cibarie fumanti sfilarono tra le ombre del sottobosco, a tratti rischiarate dai raggi argentati della luna di mezza estate. Schiere di maggiordomi si incrociavano da entrambe le parti porgendo alla giuria un piatto dopo l’altro, per poi continuare la distribuzione agli agguerriti soldati armati fino ai denti di coltelli forchette e cucchiai. Com’era prevedibile una raffica di insolenze e giudizi negativi si scatenò da un desco all’altro: “Che disgusto quella torta alle castagne!” - “Sarà buona quella schifezza di pasticcio alle nocciole” Tuttavia, quando ormai anche quel tentativo sembrava destinato a decretare l’ennesima parità, accadde l’inimmaginabile: da ambedue i reggimenti cominciarono ad affiorare alcuni commenti di approvazione sulle pietanze avversarie “Però, non male quel tortino di castagnette d’inda” “Davvero notevole quella crostata alle mandorle” che via via divennero sempre più frequenti fino a che uno gnomo si alzò dalla tavolata recandosi presso la mensa dei rivali per offrire loro una bella fetta di sfornato ai mirtilli rossi. I silfi nocelli tentennarono un po’ prima di accettare l’inaspettata cortesia, ma poi ricambiarono a loro volta porgendogli una grossa fetta di torta ai pistacchi tostati. In men che non si dica, entrambi gli eserciti si recarono a turno dagli avversari in un colossale scambio di pietanze che durò fino a notte inoltrata. Ci furono suoni, canti e balli che videro le due tribù per la prima volta far baldoria insieme, senza il desiderio di menar le mani. E così, la millenaria ostilità tra i due clan ebbe finalmente termine grazie alla felice intuizione di Pettorosso. Da allora, nemmeno un pinolo fu più sparato. Le golosità del sottobosco diventarono le protagoniste del Banchetto della Riconciliazione, una gigantesca scorpacciata che da quella volta si ripete ogni prima sera di mezza estate in ricordo della leggendaria tavolata e della pace che da allora non ha più abbandonato il Regno del Sottobosco.
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Alessandro Cancian
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