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Quella casa sulla collina
di Marcello Caccialanza
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Quella casa sulla collina, ricordo di giorni felici, era oramai una dimora spenta, un luogo di un passato ameno malinconicamente lasciato addormentare nelle piaghe di un dolore lacerante...
Vedo ancora negli occhi di un bambino curioso quella coupè rossa che le andava incontro con sospetto, le andava incontro a passo tardo... alla guida c'era lui il conte Alexander Von Blumenstadt, ultimo rampollo di una famiglia aristocratica della nobile Prussia caduta in disgrazia dopo il secondo conflitto mondiale... Chiunque l'avesse conosciuto... di Alex come lo chiamavano affettuosamente in famiglia... non avrebbe potuto che dire: "un gradevole giovane dal volto malinconico..."Eh sì! Il giovane nella sua armoniosa estetica poteva rammentare ad un occhio alquanto scaltro la perfezione di una scultura di Donatello oppure la patinata eleganza di un quadro di Monet...
Ma quanti incrociavano il suo sguardo ne rimanevano tremendamente soggiogati... dolore e rabbia si celavano in quell'animo ancora acerbo... La coupè rossa a fatica aveva raggiunto il suo traguardo... Alexander era sceso e per vincere quella strana sensazione di impotenza si accese una bionda...
Del resto il giovane e la sua famiglia avevano lasciato quella casa alla fine degli anni settanta, quando il padre Humbert Joseph, famoso direttore d'orchestra aveva spostato il suo interesse artistico nella capitale francese...
Se da un lato Alex provava una sorta di fastidio cosmico quasi che si sentiva estremamente fragile d'innanzi all'onda dei ricordi, dall'altro lato coltivava in sé un forte desiderio di varcare il cancello di quel giardino... lui doveva sapere... lui in un certo senso aveva l'onere di riabilitare agli occhi dell'opinione pubblica il nome dei Von Blumenstadt...
Il ragazzo prese dalla tasca un mazzo di chiavi e senza esitazioni aprì quel cancello che cigolava verità mai dette... E mentre percorreva l'austero viale, un'improvvisa e sottile folata di flash back iniziò a sedurre la sua mente confusa... 1975 aveva quattro anni e suo fratello Gedeon un anno in meno... la mamma Sabine discreta pittrice era là in compagnia di Georg, l'anziano giardiniere e insieme stavano potando quel roseto che era stato posto in segno di una profonda devozione alla statua della Santa Vergine... e loro i due fratellini correvano spensierati tra le braccia del vento... Il flusso di quei ricordi correva in modo così incalzante che lo stesso Alexander non si era accorto di essere giunto ormai all'interno della casa... Si sentiva come una sfortunata pedina su di una sgangherata scacchiera... Nel corridoio delle grandi occasioni quel lampadario a pendenti di cristallo boemo, sebbene sbiadito dal perfido tempo dei ricordi, gli aveva offerto una ghiotta opportunità di abbandonarsi ad una dolce evasione... Come era bella Frau Sabine in quel vestito di seta nera mentre danzava scalza lungo tutto quel perimetro, approfittando di quel valzer viennese scandito con passione da quelle mani paterne che accarezzavano i tasti di un pianoforte a coda... E loro i piccoli Von Blumenstadt guardavano con gli occhi dell'amore! Là sulla parete destra trionfava quel ritratto fiero del Conte August Maximiliam e della consorte, la contessa Margarete Gertrud Risendorf, i nonni di Alex e di Gedeon i quali purtroppo non li avevano mai conosciuti... ma della loro triste storia sapevano tutto... In una sera d'autunno del 1916 la contessa Margarete era fuori in giardino e davanti alla statua della Vergine implorava la fine della guerra... Ma all'improvviso il cancello si aprì e due sottotenenti, gentile omaggio dello Zio Sam, violarono senza ritegno l'animo della donna... Tutto durò cinque squallidi minuti di pura follia umana... Margarete era stesa mezza nuda su quel sasso duro e anonimo... spalancò gli occhi e li portò verso la statua di Maria facendosi il segno della croce... Rientrò in casa e conservò nel suo cuore di donna ferita il suo immenso dolore... E che dire del conte Maximiliam, l'austero militare, nel suo cuore fiero aveva compreso che l'aquila regale aveva ormai smesso di volare e che mestamente si sarebbe assopita nelle piaghe sanguinanti di una storia senza senso... Così senza conoscere l'inquietante segreto della moglie e amandola sopra ogni cosa, riuscì ad ottenere per vie traverse i documenti necessari affinché i suoi cari potessero rifarsi una vita nella vicina Svizzera.
E in questo luogo la contessa Margarete non solo dovette crescere da sola il piccolo Humbert ma anche svezzare quel figlio di un peccato mai commesso... E il conte, suo marito, in Germania... uscì di scena da eroe d'altri tempi... indossò la divisa di gran gala, quella dal guanto bianco... si sistemò i baffi alla moda del Kaiser... si girò verso il quadro del Fuhrer per l'ultimo saluto, e dopo questo gesto si sparò in bocca...

Il giovane salì quindi la scala a chiocciola... la quale collegava il piano di rappresentanza con la parte più intima della casa... Alex entrò nella sua stanza da bambino, quel luogo di fate e di maghi... nel quale interagiva con giochi spensierati con il piccolo Gedeon... Era tutto rimasto come allora... la stessa disposizione dei mobili... la stessa atmosfera di burattini e balocchi... Ed ecco Theodor il piccolo orsetto di peluche di Gedeon... gettato là in un angolo vestito d'oblio e ricoperto da una vistosa coltre di polvere... Quell'ultimo pomeriggio dell'anno 1976 Gedeon e Alexander erano saliti incuranti di un pericolo alquanto reale sopra la grande magnolia che cingeva in segno di protezione metà dell'edificio abitativo... quando il primo mettendo il piede in fallo precipitò nel vuoto... invano il secondo potè cambiare quel folle disegno... E così all'inizio del 1977 la famiglia Von Blumenstadt lasciò la campagna berlinese per rifugiarsi nel caos parigino... e cosa restò di quella tragedia? Una madre priva d'affetto per il figlio rimasto, una donna che consumava il suo senso di colpa nella solitudine di una bottiglia... Un bambino introverso e sballottato da un collegio all'altro... Un padre che cercava risposte tra le lenzuola di una puttana qualunque... Se chiudo gli occhi vedo ancora quella coupè rossa schiantarsi a folle velocità contro il cancello di quella maledetta casa sulla collina... rivedo nei miei sogni il volto tumefatto del povero Alexander... non è più arrabbiato... sorride sereno... finalmente è felice...

© Marcello Caccialanza





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