Geppetto disse a Pinocchio, ormai divenuto un bel bambino: “Metti il burattino di legno nella tua vecchia stanza, insieme agli altri balocchi. Tu ormai sei grande ed oggi parti per andare a studiare in quel bel collegio che è il Cicognini di Prato. Sei stato bravissimo a vincere quella borsa di studio.
“Oh sì babbo- rispose Pinocchio bambino – sono contento di andare lì. Vedrai sarò bravissimo e tu sarai davvero orgoglioso di me!”
“Ne sono sicuro – rispose Geppetto – e ora andiamo subito alla Stazione!”.
Pinocchio bambino prese Pinocchio burattino e lo mise nella sua vecchia stanza, nella libreria, ormai piena di libri. Lo guardo con gran nostalgia e riconoscenza. Poi chiuse la porta ed assieme a Geppetto partirono per Prato.
Quella notte, un raggio di luna, attraverso la finestra illuminò il burattino di legno. Poi, d’un tratto apparve la Fatina azzurra che chiamò: ” Pinocchio, Pinocchio, svegliati!” Il burattino, d’un tratto, torno vivo! Gli occhi si mossero e videro la fatina !Fatina, fatina, ma che ci fai qui? Io mi ricordo che sono diventato un bel bambino. Aiuto sono tornato di legno!”
“No pinocchio – rispose la fatina – sei sempre tu, quello originale! L’altro è diventato ormai un bel ragazzo e ora va a studiare a Prato! Tu la notte, quando Geppetto dorme, puoi tornare vivo. Non puoi però uscire da questa stanza né dire a nessuno che sei tornato vivo. Puoi però giocare con tutti i giocattoli di Pinocchio bambino e leggere i tuoi libri. Ti ricordi ancora come si fa a leggere! Un po’ avevi imparato!”
“Certa fatina!". Senti – disse Pinocchio prendendo un libro – Il picc…piccol…piccolo prin… principio, no, Principe!”
“Bravo Pinocchio, continua così e mi raccomando, esercitati anche a scrivere! Lì c’è il banchino di Pinocchio bambino, le sue penne e ancora ci sono dei quaderni nuovi. Prova ad usarli. Ogni tanto io verrò a trovarti e guarderemo insieme cosa scrivi!”
La fatina sparì così com’era apparsa. Pinocchio, un po’ stordito, si guardò intorno. Aprì in silenzio la scatola dei giocattoli e vi trovò di tutto! Soldatini, macchinine, un treno a molla.
Iniziò cosi, piano piano, zitto zitto a giocare, finche l’alba non incominciò a rischiarare troppo la finestra. Allora mise via tutto e si sedette nello stesso posto dove era stato messo e si addormentò subito, tanto era stanco di giocare.
Fece cosi per tanti giorni. Ogni tanto Geppetto entrava per spolverare. Allora lui si svegliava, ma faceva finta di niente.
Quando Geppetto lo prendeva in mano, veniva invaso da una gran nostalgia e pensava.
“Babbo, come ti voglio bene!” Pensava Pinocchio, che però si guardava bene dal far capire a Geppetto che era vivo! Certamente non voleva disobbedire alla Fatina.
Così passarono diverse settimane. Alla fine, annoiato dei soliti giocattoli, Pinocchio prese un libro ed iniziò a leggere. Si mise vicino alla finestra, dove il lume che illuminava la strada faceva una gran bella luce e lui aveva occhi buoni!
Era il primo di una bella pila. Il piccolo principe. Si mise a sedere sulla pila e incominciò a leggere. All’inizio fu davvero difficile. Le parole scorrevano lentissime sotto i suoi occhi. A volte doveva rileggere due anche tre volte le lettere per capire. E quando non capiva andava dove c’era il grosso vocabolario d’italiano e cercava le parole che non conosceva.
Piano piano le pagine già lette del libro cominciavano ad essere di più di quelle ancora da leggere. La storia lo coinvolse e lo commosse. Forse si rivedeva nei panni di quel bambino un po’ spaurito.
Penso: “Che sfortuna ho avuto ad incontrare una volpe come la mia! Se avessi incontrato subito una volpe come quella di questo libro, quanti guai mi sarei evitato!”.
Il problema che ebbe Pinocchio, fu quello di accorgersi che arrivava l’alba. Leggeva tutta la notte e più di una volta si accorse, all’ultimo momento, che Geppetto stava entrando nella stanza.
Allora, velocissimo, si rimetteva al suo posto. Cercava di lasciare tutto come la sera prima. Per fortuna Geppetto non veniva tutti i giorni e certo non faceva caso se un libro non era al suo posto.
Una notte, verso le tre, Pinocchio finì un libro d’avventura: I pirati della Malesia. Si era molto emozionato a leggerlo e non vedeva l’ora di sapere come finiva la storia. Ma la vera sorpresa fu che si ritrovò a sedere per terra. Sì, non c’arano più libri della pila! Gli aveva letti tutti, ma proprio tutti!.
Allora fece una nuova pila prendendoli dalla libreria e mettendo quelli letti al loro posto. Tanto Geppetto non li guardava mai.
Passarono le settimane ed un bel giorno si accorse che stava rimettendo a posto l’ultimo libro.
“E ora che faccio?” si domando Pinocchio. Si ricordo le parole della Fatina. “Scrivi Pinocchio, scrivi” Lui pensò: “Mah, se ho imparato a leggere saprò anche scrivere bene, alla fine!”.
Allora, ogni sera, prese il quaderno è iniziò a riscrivere, prima le lettere e poi le parole.
Poi pensò: “Ma ora che scrivo? Io non ce l’ho la fantasia!” Penso e ripenso e poi disse s se stesso “Ma certo, scriverò la mia storia e la chiamerò le avventure di Pinocchio”.
Cosi, passo tanto tempo a scrivere e piano piano la scrisse tutta la sua storia.
La mattina dopo, come al solito Geppetto entrò nella stanza e Pinocchio era già al suo posto.
“Oh come sono stanco stamani – disse Geppetto – non ho voglia di spolverare, tanto è tutto pulito! Leggerò un po’ i quaderni di mio figlio.” E si mise a sedere accanto al banchino e prese il primo di quei quaderni. Sulla copertina c’era scritto:” Le avventure di Pinocchio”
“Ma guarda bravo i mi figliolo che trovava anche il tempo per scrivere! Mah o cosa c’è – disse guardandosi le dita sporche d’inchiostro – Ma questo l’è fresco! Allora chi l'ha scritto! O chi c’e qui- esclamo guardandosi intorno. Vide solo libri ed il vecchio Pinocchio di legno.
Pinocchio era immobile ma terrorizzato di essere scoperto. “Cosa dirà ora la Fatina” penso.
E proprio in quell’attimo la fatina apparve e disse a Geppetto: “Si caro Geppetto, tu l’hai già capito che di figli ne hai due, uno di ciccia ed uno di legno, ma ora, tutt’e due davvero bravi. Pinocchio vieni qui e abbraccia il tuo babbo!”
Pinocchio si precipitò tra le braccia di Geppetto, che tanto lui alle magie della Fatina azzurra c’era abituato.
“Pinocchio Pinocchio” “Babbo, babbo” gridavano i due.
Quando si furono calmati, la Fatina disse loro: “Ora Geppetto, prendi i quaderni e porteli da quel signore gentile che stampa tanti libri, il Paggi di via Ghibellina. Vedrai che lui ne farà un bel libro. Ma che questo resti un segreto tra noi!”
“Oh bella fatina, ma il Paggi e un crederà mai che uno come me l’abbia scritto!”
E tu digli che l’ha scritto tuo figlio, ma che siccome è troppo giovane e bene che sia usato uno pseudonimo. Usa questo nome che sarà famoso: Giovanni Collodi. Ma mi raccomando mantenete il segreto!”
E cosi fecero. L’editore Paggi stampo il libro, ma siccome era un po’ sordo capì Carlo e non Giovanni e cosi Le avventure di Pinocchio furono scritte da un tal… Carlo Collodi. Che poi era il fratello del burattino di legno.
Quando Geppetto gli raccontò tutta la storia al fratello vi fu una grande commozione e i due, quello di ciccia e quello di legno, si abbracciarono e piansero a lungo.
Con i soldi che via via l’editore gli mandavano poterono vivere felici e tranquilli, con il loro segreto, per tanti e tanti anni.