La notte è calda e una tiepida brezza porta alle narici l’odore intenso del mare. La sabbia con il suo avvolgente umidore lambisce le mie caviglie.
Tu sei accanto a me. Silenzioso. Avvolto nei tuoi pensieri identici ai miei.
Con le menti lontane camminiamo vicini senza sfiorarci. Non ne abbiamo bisogno, sappiamo di esserci l’uno per l’altra e tanto ci basta.
La luna si è ritirata dietro una nuvola di vapore rossiccio. Domani sarà un’altra giornata rovente e allora perché sento le mie spalle rabbrividire?
«Cosa sarà di loro?» riesco a sussurrare.
Ti fermi, mi fissi negli occhi e un movimento leggero contrae le tue labbra: «Non lo so» mi rispondi.
Ci guardiamo a lungo. Nel buio le nostre iridi si confondono, scolorandosi nell’oscura fluidità della notte ma io posso vederti chiaramente come tu vedi me. Ognuno sente esattamente, con dolorosa intensità, lo sguardo dell’altro sulla pelle.
«Non è stato facile» mi dici in un tono stanco che non ti conosco. Sospiri e mi prendi la mano.
«No, non è stato assolutamente facile» concordo. Niente nella vita è mai facile, nulla è mai semplice» proseguo. «Tua moglie…»
Annuisci.
«Mio marito… Fargli capire che me ne andavo. Lo lasciavo per un altro uomo. Ho cercato di spiegargli che avevo combattuto contro questo sentimento Dio solo sa quanto! Che avevo cercato di respingerlo con tutte le forze, ma esso è stato più forte. Ha prevalso sulla ragione, sulla morale, sconfiggendo l’abitudine e la stanca familiarità. Ma come far capire ad un uomo che lo lasci perché, nonostante l’affetto che ancora provi per lui, ami un altro? E che questo nuovo amore intenso e dilaniante, non cercato né previsto, si è dimostrato tenacissimo. Più forte di qualsiasi vincolo legale, della stima, del rispetto che dovevamo alle persone alle quali avevamo giurato fedeltà per la vita…».
Alzi le spalle e non mi rispondi. Poi mi afferri, quasi con disperazione mi stringi, ed io mi aggrappo, ancora più smarrita di te.
«Sono triste, ma non mi sento sporca… e non sono una puttana, come lui mi ha chiamata» riprendo con veemenza. «Prima di te non l’ho mai tradito. Non ha capito che non era per lui che me ne andavo. Non avevo nulla da rimproverargli, era stato un buon compagno e con lui sono stata felice, ma il nostro tempo dell’amore si era concluso. Forse non sarò solo io a mancargli, più di tutto gli mancherà l’abitudine che aveva riempito la quotidianità della nostra vita…»
Mi sorridi con dolcezza infinita. Carezzandomi i capelli: «Domani andrà meglio» mormori sulle mie labbra.
La tua bocca è calda, accogliente, un rifugio sicuro. Ti raggiungo in quella terra incantata, promessa di una nuova stagione.
Modellando i nostri corpi sulla sabbia consumiamo con tenerezza il nostro amore, finalmente liberi di essere noi stessi e nel buio un sole accecante trafigge le nostre pupille.
Ti stringo languidamente dopo la passione ed aspiro la fragranza salmastra dell’estate rimasta impigliata nei tuoi capelli umidi di mare.
Un ultimo bacio, ci scostiamo e torniamo sui nostri passi.
Mentre la notte implode in se stessa, schizzo di nero inchiostro che macchia il profilo del mondo, rientriamo in albergo.
Nessuno ci attende, nessuno ci accoglie. Celati dal buio, nessuno ci giudica.
Il portiere è addormentato e noi, silenziosi, sfiliamo verso la nostra stanza come fugaci comete, confusi nel nostro universo di contrastanti geometrie emozionali.
Il pianerottolo è in penombra, l’ambiente sa di vecchio, di stantio, è malinconico come il nostro umore.
La lampadina penzolante dal soffitto ci avvolge nel suo fascio di luce giallognola, sofferente, remota.
«Da quanto tempo il sole non entra in questo luogo?» mi domando ad alta voce per scacciare il silenzio che rimbomba ossessivo nelle orecchie.
Nemmeno l’eco risponde a quella domanda.
Siamo fermi davanti alla porta chiusa e mentre inciampo nei miei pensieri, afferro le tue mani. Portandomele al volto: «Non dovremo essere qui…» sussurro, smarrita.
Il cigolio cadenzato dell’ascensore che si mette in moto accompagna le tue parole: «Non potevamo nasconderci in eterno. Siamo qui per dare dignità al nostro sentimento» mi dici paziente mentre apri la porta e sfiori con le dita l’interruttore della nostra camera.
Una cascata d’inatteso chiarore si riversa nella penombra delle scale.
La macchia colorata delle valigie, incorniciate dalla porta, ci ammicca dall’angolo più lontano della stanza.
Quelle tinte vivaci che sembrano irriderci senza rispetto mi colpiscono come uno schiaffo in pieno viso.
Mi dirigo verso di esse con lo sguardo fisso, ipnotizzato mentre un refolo di vento accarezza le tende e dal balcone il profumo frizzante del mare si spande nell’aria.
“Eppure in quei bagagli disordinatamente accatastati ci sono le nostre cinquanta primavere, ci siamo io e te, non più come eravamo ma quelli che saremo. Io e te!” ricordo ostinatamente a me stessa.
«Ti amo» grido, poi, mi pento e, disorientata, attendo che arrivi il senso del rimorso a stringermi lo stomaco.
Invece, ti volti lentamente verso di me ed è il miele ambrato delle tue pupille a darmi conforto.
«Non ne ho mai dubitato» replichi pacato.
E’ la prima volta che, libera dalla retorica di una falsa morale, trovo il coraggio di dirtelo in faccia.
E’ stata una lotta dura ma alla fine ho divelto le catene di preconcetti che, per un assurdo senso del pudore, mi tenevano prigioniera.
E’ così dolce ascoltare il suono melodioso di quelle due brevissime e semplici parole che sono felice di aver combattuto. «Ti amo, anche se i nostri capelli si stanno tingendo di bianco» ti ripeto ancora un po’ impacciata.
Sorridi sereno. Attendevi quelle parole da così tanto tempo…
L’alba filtra attraverso le persiane accostate e la luce rafforza, in entrambi, la consapevolezza di aver fatto la scelta giusta.
Le tue spalle si raddrizzano inorgoglite vestendosi dei colori radiosi del quotidiano miracolo della natura che risorge col nuovo giorno.
«Basta vergognarci del nostro sentimento: è giunta l’ora del riscatto. La vita è una sola e non avremo occasione di riviverla! A testa alta e con fierezza la riprenderemo nelle nostre mani. Insieme affronteremo le responsabilità della nostra decisione e chi, ancora, vorrà condannarci, avrà perso in partenza» affermi con gesto di sfida.
Annuisco con enfasi mentre l’estate, la nostra matura estate, inebria il futuro con il suo palpitante profumo.