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Il mercante di Venezia
regia di Michael Radford
Pubblicato su SITO
Anno
2005-
USA
Una recensione di
Cristiana Mei
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Votanti:
5514
Media
79.8%
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Alla riscoperta di Shakespeare
MERCANTE DI VENEZIA.
Lo ammetto. Mi è stato necessario un film dal tono velatamente Hollywoodiano per riscoprire un’opera, sempre poco citata e sempre poco sentita di un “nuovo”, forse solo per me, magnifico Shakespeare.
Dalla proiezione del film di Radford “Il mercante di Venezia” ho avuto la possibilità di abbandonare per un attimo alcune delle tematiche, care al grande drammaturgo, e gettarmi nella splendida luce di una commedia che, per quanto a tinte a volte fosche, cela l’incontrovertibile fascino della parola shakespeariana.
Dalla più immediata modalità di comunicazione di oggigiorno: il cinema, ho potuto assaporare un testo per me inedito fino a spingermi addirittura verso la rappresentazione teatrale.
Prima tappa: CINEMA.
L’opera di Radford ricrea in maniera eccellente la Venezia del XVI° secolo, fedele nei dialoghi all’antico testo dell’autore, vive del suo protagonista: un magistrale Al Pacino, nella parte del vecchio ebreo Shylock, privato della dignità del suo popolo, prima ancora che di una splendida ed adorabile figlia e di parte del suo patrimonio, che sarà impietosamente raggirato da un “cavillo” legale e non otterrà giustizia, per quanto pretendendo una prestazione ben lontana dal rispetto della dignità e vita umana altrui.
Seconda tappa: TESTO DELLA COMMEDIA.
Spinta dalle emozioni, determinate dalla proiezione del film, voglio leggerne il testo. Continuo a chiedermi il perché di una così scarsa diffusione e conoscenza dello stesso. Forse perché, catalogato come commedia, è un’eccezione per il genere del suo autore? Forse perché la figura dell’ebreo Shylock, per quanto vittima del raggiro ed impunemente privato delle sue ricchezze, non ne esce in buona luce?
Forse perché gli antagonisti di Shylock, esponenti di un cristianesimo, a volte ostentato, non ne emergono a loro volta in maniera molto positiva?
Mentre mi pongo queste domande mi accingo a leggere l’opera.
Caratteri forti, sia per l’ebreo, che per il cristiano, nonostante la vittoria finale, palesemente ingiusta a chi legge, sia per il secondo. Non c’è giudizio morale: solo scarna capacità d’analisi, attraverso l’osservazione degli elementi caratterizzanti entrambi, portati all’eccesso sì da provocare il sorriso. Ecco la parola che definisce i soggetti. Ecco Shakespeare.
Terza tappa: RAPPRESENTAZIONE TEATRALE.
Il modo più profondo per ossequiare l’autore.
Si alza il sipario.
Flavio Bucci, nei panni di Shylock. Il personaggio si crea. Toni di voce, a volte eccessivamente altalenanti, un’andatura e un atteggiamento studiato nei dettagli.
La sensazione è che inizialmente l’opera sia drammatica: forte nella riproduzione dello stato del popolo ebraico, detentore d’ingenti capitali nella Venezia di quegli anni, ma il passaggio è forte nel momento del famoso giudizo davanti al Doge, che decreterà la triste e malinconica sconfitta dell’ebreo Shylock.
L’interprete si trasforma in un vero istrione, rendendo il senso della commedia; entrambe le parti sembrano prendersi in giro. I tempi sono serrati, impressionante la vicinanza Al Pacino-Bucci, sembrano essersi vicendevolmente imitati, forse unico è il modo di riproduzione del personaggio shakespeariano.
Amo l’arte: mai cinema – testo e teatro, hanno reso meglio l’opera di un autore, mai tanta fedeltà e corrispondenza tra le varie forme d’espressione.
Una recensione di Cristiana Mei
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