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L'apparizione
del Babau
nei racconti di Dino Buzzati
di Francesca Lagomarsini
Spesso
capita che un incontro, linciampo in qualcosa
di insolito e banalmente straordinario possa
cambiare la nostra esistenza, si tratti pure
di una piccolezza. Posso affermare senza aver
paura di esagerare che così è
successo per quanto mi riguarda con il libro,
la raccolta di racconti di Dino Buzzati dal
titolo Le notti difficili (Mondadori).
Si tratta di 51 racconti brevi spesso anche
suddivisi in più episodi, che intrecciano
i temi cari allautore fino a renderli
universali: il mistero, la morte, lattesa,
il non senso, il lato tragicomico, surreale
dellesistenza.
Devo per sincerità confessare di non
essermi troppo accostata in passato a Dino Buzzati
se non per il Deserto dei tartari
e Il segreto del bosco vecchio ma,
dopo essermi trovata tra le mani questi racconti
difficilmente credo riuscirò a non annoverarlo
tra una delle letture più entusiasmanti
che abbia mai fatto. In particolare ho gustato
uno tra i racconti della raccolta, il Babau
che narra appunto di un misterioso esserino
da tempo immemore presente negli incubi e nellimmaginario
di ogni bambino che si rispetti.
Il Babau è una figura emblematica, un
simbolo, quello che, per dirla con Jung, riflette
in modo palese linconscio collettivo
ovvero una rappresentazione delle nostre paure,
dei nostri demoni più nascosti, seppelliti
dalla razionalità, dalle esigenze di
un Io distinto dallES (le pulsioni per
schematizzare) e dal SUPER-IO (la realtà
circostante). Il concetto di inconscio collettivo
è di ampio respiro, non è, per
dirla con Jung di natura individuale ma
universale e cioè ha contenuti e comportamenti
che sono gli stessi dappertutto e per tutti
gli individui. Come non pensare, a questo
proposito, alle paure incarnate proprio dal
Babau, alla sua doppia valenza di spauracchio
ma anche di tenera creatura che rappresenta
la fantasia, la libertà di pensiero?
Non è un caso, infatti, che i bambini
e le donne in particolare, siano gli eletti,
le uniche creature sensibili in grado di percepire
questa fragilità del Babau, gli unici
che possono pregare per lui ridestati
da un oscuro richiamo e sotto lo splendore
della luna. Sterili e ridicoli appaiono i tentativi
delle istituzioni, di uomini mediocri, marionette
che si dibattono nel tentativo di cercare soluzioni
per eliminare il turbatore della quiete, il
capro espiatorio per eccellenza, colui di cui
negavano lesistenza ma che tormentava
le notti ed i sogni, il Babau, appunto. In questo
quadro surreale ed ironico la scena madre che
si compone a poco a poco è proprio quella
delleliminazione dellesserino, scena
bizzarra e dai toni angoscianti che svela in
toto la duplice natura del Babau,che si sgonfia
come palloncino bucato, ridicolizzando così
i timori e le paure dellallarmata comunità.
La mediazione psichica che si opera tra le
angosce più pressanti e questo aspetto
creativo e formativo, proprio del
crescere dellindividuo, rappresentate
appunto sotto forma di un qualsiasi Babau è
stata spesso materia, terreno fertile per la
letteratura che da sempre si è occupata
di questi terreni di confine. Basti pensare
ad Oscar Wilde, ad Edgar Allan Poe, ai poeti
maledetti ed ai loro demoni, a Dino Campana,
al tema della follia che spesso si intreccia
sapientemente a quello della paura della morte
ma anche della vita stessa. Ritroviamo così
anche il doppio, la natura ambigua
delluomo, del suo essere nel mondo mai
senza contraddizione, quindi per parafrasare
J. Hillman la messa in risalto, in primo piano,
della parte in ombra , quella celata
anche allindividuo stesso, della sua stessa
Anima.
Il negativo dellanima è anche al
centro da sempre dellinteresse delle fiabe,
dei racconti popolari, è parte integrante
della struttura stessa del sapere tramandato
di generazione in generazione; sarebbe però
più corretto parlare di racconto fantastico
nel caso del Babau di Dino Buzzati
conferendogli le connotazioni che allo stesso
attribuisce Caillois in Dalla fiaba alla
fantascienza quando afferma che: il
fantastico presuppone la solidità del
mondo reale ma per meglio distruggerla
Lapparizione
è lo strumento essenziale del fantastico:
ciò che non può accadere e che
tuttavia si produce, in un punto e in un istante
precisi, nel cuore di un universo perfettamente
sondato e dal quale si credeva bandito per sempre
il mistero. Tutto appare come ogni giorno: tranquillo,
banale, senza nulla di insolito, ed ecco che
lentamente si insinua, o allimprovviso
erompe, linammissibile.
Come chiarisce sempre Caillois, la letteratura
fantastica è prima di tutto un gioco
con la paura in cui gli autori lasciano il lettore
libero di scegliere, lo inchiodano allangosciante
responsabilità di negare o affermare
il soprannaturale.
E un richiamo proprio a questa enorme,
illimitata libertà quella che Buzzati
si concede alla fine del racconto, è
un inno alla fantasia, schiacciata sempre di
più da un mondo che ha necessità
di eliminarla :
Galoppa, fuggi, galoppa, superstite fantasia.
Avidi di sterminarti ilo mondo civile ti incalza
alle calcagna, mai più ti darà
pace
>>DA LEGGERE SUL SITO:
>>Dino
Buzzati (1906-1972)
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