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Il Druido sentì un dolore profondo salirgli dal cuore. Trasalì nel realizzare che la Gran Sacerdotessa lo aveva appena descritto con parole che ben si sarebbero adattate al suo pupillo.
Sanguigno, la Gran Sacerdotessa lo aveva appena definito così…
Sgomento cercò dentro di sé l’ultima immagine che conservava di Varior. Non riusciva a darsi pace, a capacitarsi dell’accaduto e sebbene si sforzasse di dare un senso alla vicenda, non riusciva a visualizzare il volto di Varior sperduto nell’Olem.
Pensò che questo potesse dipendere dalla sua incapacità di affrontare un dolore tanto grande, il dolore di un vecchio che, senza averne il diritto, aveva assunto un ruolo che si era effettivamente spinto ben al di là del semplice compito di tutore. Una condivisione di nozioni e di sentimenti talmente profondi da rendere il Druido ed il suo discepolo simili… persino nel temperamento.
Già, era proprio così, l’avventatezza di Varior forse non dipendeva solo dalla giovane età. Forse era proprio una connotazione caratteriale e quella che in Varior pareva avventatezza era in Terry tempra sanguigna ovvero avventatezza divenuta matura con l’incanutirsi della chioma, trasformata in saggezza dalle ferite dell’esperienza.
Terry era frastornato e sebbene il momento fosse cruciale, non riusciva a concentrarsi sul Rotolo della Vittoria.
La Gran Sacerdotessa, come ampiamente risaputo, aveva la dote di decifrare l’altrui pensiero. Guardò dritto nel cuore di Terry leggendone i sentimenti con la stessa limpidezza delle acque cristalline del lago ove lei ed il Druido, in un tempo antico avevano giocato insieme, quando ancora l'infanzia pareva proteggerli dal peso dei loro destini.
Quanto avrebbero desiderato tornare entrambi a quel tempo in cui sulla Contea intera regnavano Pace ed Armonia e tutto sembrava esser complice di un’infanzia dall’innocenza inviolabile!
«Lo so… non riesci a fartene una ragione. Ora però Amico caro bisogna andare avanti. Non possiamo esimerci dalle nostre responsabilità. Dobbiamo farci carico del nostro ruolo sino in fondo, poiché da esso dipendono le vite di migliaia di innocenti!»
Terry tentò di sciogliere il nodo che sentiva stringergli la gola deglutendo un boccone di saliva, poiché sapeva che se non lo avesse allentato almeno un po’, non sarebbe riuscito a parlare. Trascorse qualche attimo di silenzio che pareva infinito poi, con voce tristemente sommessa, disse:
«Il fatto è che ho la sensazione che qualcosa di cruciale mi sfugga… certamente ciò che stiamo per leggere ha il suo peso, ma c’è una Verità che aleggia nei miei pensieri come un’ombra. Non ne comprendo il senso ma ne percepisco l’importanza e ciò mi rende particolarmente inquieto.»
Con la consueta saggezza, la Gran Sacerdotessa rispose guardandolo benevolmente:
«Amico caro ti esorto, andiamo avanti! Ci sono Verità che per svelarsi alla ragione debbono dapprima compiere un percorso in cui acquisiscono un senso. Talvolta questo accade solo dopo che si siano verificati una serie di eventi. Eventi che seguono un ordine ben preciso, magari appartenente oscuro, ma ben preciso. L’ordine della Predestinazione… Non ci si può opporre al Destino, si può solo cercare di guidarlo in proprio favore, onorando così il sacro volere della Dea!»
Si guardarono ancora una volta negli occhi e, complici, violarono il sigillo. Con delicatezza quasi sacrale srotolarono la pergamena che apparve ai loro occhi nuda, priva di un qualsiasi segno. Esitarono un momento perplessi innanzi al nulla di quel foglio in cui però, a poco a poco, come in un Destino da compiersi, presero lentamente a formarsi parole e frasi di un intenso verde smeraldo, scritte in un antico dialetto druidico.
Ciò che videro pareva non aver un senso compiuto. L'ordine delle parole era infatti stravolto da un sortilegio, così che, se venivano pronunciate, erano incomprensibili. Esse potevano riacquistare un ordine logico solo nelle menti di coloro che il sortilegio avesse ritenuto puri di cuore.
Fu per questo che, nelle menti del Druido e della Sacerdotessa, con angosciante lentezza, si formò questa profezia:
“Il destino dell’intera Contea è legato alle scelte di un Giusto che diverrà tale solo dopo aver affrontato grandi prove.
La maggiore di esse consisterà nel rinnegare lo spirito malvagio delle proprie origini. Egli eleverà il proprio animo purificandosi nel gesto estremo del sacrificio della vita, offerta in onore di quanto gli è più caro.
Però non temete! Questo sarà solo ciò che apparirà agli occhi degli empi, gli innocenti avranno giusta vendetta e ragioni per gioire.
Egli, infatti rinascerà purificato nel sangue e con il potere necessario a porre fine a quello stesso Male che un tempo non lontano lo generò.
Il predestinato a tale impresa sarà riconosciuto come il Discendente!”
Rimasero attoniti.
Entrambi capirono immediatamente a chi alludesse la profezia, ma lo sbigottimento pareva sopraffare il raziocinio.
Terry realizzò con inquietudine e sorpresa che, in effetti, sapeva ben poco dell'infanzia di Varior. Poche parole che Varior soleva ripetere circa il fatto che la sua vita prima di incontrare il Druido era solo nebbia…
Eppure gli sembrava di ricordare che fosse stato portato a lui in quanto orfano!
Era apparso alla porta del Collegio, accompagnato da una figura femminile irriconoscibile sotto i drappi di un pesante mantello nero.
Aveva sette, otto anni al massimo. Da sotto il mantello una voce senza tempo, vuota di emozioni aveva detto in tono quasi perentorio:
«Occupatene tu… o farà una gran brutta fine! »
Lo sguardo di quel bambino lo aveva colpito. Nonostante la tenera età, non vi era alcuna traccia della tipica innocenza infantile. Forse non c'era mai stata. Certo, quel bambino sembrava aver già sofferto moltissimo.
Terry aveva dimenticato, con il passare degli anni, quell'episodio… come si dimentica un ricordo troppo penoso. Senza dire una parola aveva accolto il piccolo e lo aveva cresciuto, diventandone ogni giorno più fiero.
Sebbene ulteriormente stordito da quanto appreso dalla profezia contenuta nel Rotolo della Vittoria, Terry sentì di poter ritornare a respirare libero, sollevato dalla coltre greve del lutto.
Improvvisamente gli fu chiaro il senso dell’incognita oscura che sino a poco tempo prima aleggiava nella sua mente.
Qualunque ne fossero le implicazioni, dalla profezia emergeva un solo dato certo, che risollevava il cuore del vecchio Druido: Varior doveva essere vivo, nascosto chissà dove, ma, certamente, vivo!
Ma non era tempo di gioire, non ancora. Come prima cosa, bisognava trovare un modo per rintracciarlo al più presto. Poi bisognava assisterlo nel compimento di un destino che pareva impossibile per Sacerdotessa e per un Druido, quali speranze avrebbe avuto un giovane “quasi Druido”! Eppure, c'era la profezia...
Varior avrebbe dovuto affrontare e superare la prova più ardua della sua vita. Incombeva su di lui la necessità di dover combattere con parte di sé stesso, di dover lottare con la carne della sua stessa carne, fino alla vittoria, fino alla morte di uno dei due contendenti.
La Gran Sacerdotessa intervenne:
«Calma e ponderazione Terry, anche se la gravità della situazione sembra non concedere tempo al ragionamento, dobbiamo fermarci un momento ed officiare il rito antico del Buon Agire. Chiederemo lumi circa il da farsi alla Dea.»
Terry concordò pienamente, sentiva la mente ottenebrata, come per una strana forma di ubriachezza indotta dalla densità degli avvenimenti e dalle troppe emozioni. Meditare e schiarirsi le idee, non avrebbe che potuto giovargli.
Amava quel rito antico, uno dei primi che gli erano stati insegnati quando egli stesso era ancora un Apprendista. Per la sua piena riuscita, in vero, necessitava di grande esperienza e concentrazione, ma veniva comunque insegnato anche ai più inesperti. Spettava infatti alla Dea decidere se ascoltare o meno chi la invocava, ella valutava la purezza d’intenzioni con cui veniva interpellata.
Si trattava di liberare mente e cuore da ogni interesse personale ed in nome di un Agire Comune, cercare di mettersi in contatto con la Dea. Ciò era attuabile mediante una semplice preghiera la cui virtù magica non risiedeva nella formula o nelle parole, ma nell’umiltà di coloro che la pronunciavano.
La Sacerdotessa ed il Druido si presero per mano così da formare, simbolicamente, un cerchio magico, socchiusero gli occhi e pronunciarono la formula sette volte, come richiedeva il rituale. Non appena ebbero terminato di pronunciare l’ultima parola caddero in un sonno simile alla morte, un'estasi profonda ove le loro anime, libere dai corpi, si fecero lievi lievi lievi e si prepararono ad essere illuminate dal Sapere e dalla Protezione della Dea.
L’esperienza estatica fu estremamente breve ma intensa, una luce abbagliante li attraversò con il potere che solo la Conoscenza può avere.
In quello stesso istante Varior, protetto dal ventre della terra, seduto sul trono posto a Nord, venne illuminato dalla medesima Conoscenza. Comprese, a quel punto, il senso di ciò che stava attendendo. Aveva pensato fosse stato l'istinto a farlo sedere proprio in quel luogo, ed invece era stato il Destino. Perchè quello era l’unico luogo ove avrebbe potuto stabilire un contatto mentale con il Druido e la Sacerdotessa.
I tre si incontrarono e si unirono telepaticamente, durante il rituale del Buon Agire. Vennero condotti dalla Dea in una dimensione surreale d’intesa ove sentirono, senza necessità di proferire parola, l’accrescersi dei loro poteri, il rafforzarsi delle loro anime. Presero inoltre coscienza del fatto che presto il Druido ed il suo Allievo si sarebbero incontrati presso la Grande Muraglia, ove avrebbero trovato un modo per rendere innocui i giacimenti di xenite. Lì Varior avrebbe preso il comando delle Guardie Druidiche e la Gran Sacerdotessa avrebbe finalmente potuto liberarsi del peso di alcuni segreti che sino a quel momento le era stato imposto di non rivelare, segreti che probabilmente avevano a che fare con le origini di Varior stesso...
Riemersero dalla condizione estatica sentendosi tutti molto diversi, rinvigoriti da una potenza sovrannaturale.
Varior si sentì pervaso da una nuova saggezza: per la prima volta nella sua vita stava cominciando a saper misurare la pazienza, trovava un senso nuovo nell’attesa, imparava a mediare l’irruenza.
Terry e la Gran Sacerdotessa cercarono immediatamente Asenath e lo informarono dei nuovi eventi. Insieme concordarono che sarebbe stato opportuno non far partecipi gli altri del fatto che Varior era ancora vivo. Potevano esserci altri traditori all’interno del Consiglio, e quel “dettaglio” sarebbe stato utile, un vantaggio da conservare per il momento opportuno.
Le guardie Druidiche vennero radunate. Quarantanove Guardie si unirono ad uno scarno esercito di volontari. In tutto si contavano appena centoquarantasette elementi ed era purtroppo ovvio, anche ad una prima occhiata, come la maggior parte di loro fossero adusi, ormai, ad altri mestieri che il guerreggiare.
Bisognava in qualche modo, seppur grossolanamente, istruirli. Ma il tempo a disposizione era così poco…
Alla fine si optò per proteggerli, con un rituale magico collettivo che venne officiato dalla Gran Sacerdotessa.
Vennero disposti in gruppi di ventuno, così da circondare in sette anelli la Torre del Collegio. Ognuno dei gruppi era a sua volta formato da sette Guardie Druidiche e quattordici volontari.
La Sacerdotessa, dal punto più alto della torre alzò le mani verso il cielo ed invocò nuovamente la Dea, che non tardò a manifestarsi, sotto forma di una fitta nebbia avvolse la torre occultando gli uni agli altri. Ciascuna di quelle creature, se non avesse avuto coscienza di aver visto sino ad un attimo prima i propri compagni, avrebbe d’un tratto potuto giurare di esser rimasta sola. Ciascuna di quelle creature provò terrore all’idea di esser rimasta sola e giurò a sé stessa, di vegliare sui propri compagni, affinché ciò non accadesse mai più, anche a costo della propria vita. Gli anelli si strinsero e si consolidarono in un senso di eroica fratellanza: ora ciascuno era responsabile della sorte del propri compagni… sino alla morte!
Fu a quel punto che la Sacerdotessa gridò una parola dal suono tanto terribile quanto irripetibile e in ognuno dei sette cerchi le sette Guardie Druidiche caddero di schianto al suolo, trafitte da un dolore lancinante al petto. Su ciascuno di loro era stata impressa sul petto, marchiata a fuoco, una runa. Ciascuna di queste rune formava, per ogni cerchio, una parola arcaica di sette lettere dal potere magico straordinario, un potere che solo la coesione del gruppo avrebbe potuto mantenere intatto.
La nebbia si sollevò, le Guardie si rialzarono e ciascuno, conscio dell’importanza del proprio ruolo, si apprestò con determinazione alla battaglia.
Terry si fece coraggio, salutò con uno sguardo l’amica di sempre ed a capo del gruppo si avviò verso la Grande Muraglia e verso le incognite del cammino.
In cuor suo aveva ancora una speranza, che l’inaspettata sorte di Varior aveva reso concreta, sperava che il Destino serbasse ancora una sorpresa, sperava che il Destino avesse risparmiato anche la vita della cara Pique…
©
Carla Montuschi
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