Il
2005 è un anno denso di anniversari:
si celebrano il centenario della morte di Jules
Verne e quello della nascita di Sartre mentre
si trova anche il tempo per spengere le cento
candeline della teoria della relatività.
È un anno, in questo senso, simbolico:
muore uno degli autori più importanti
dell'ottocento e del positivismo, nasce uno
dei pensatori più citati del novecento
e del post-tutto. E intanto un signore dell'ufficio
brevetto scrive una formula elegante e terribile
che scardinerà il mondo e lo segnerà
in tutti i campi.
Ricordiamo che prima della teoria della relatività
la scienza si poggiava su schemi e principi
razionali, solidi. La matematica era l'ancella
delle scienze, ne supportava lo sviluppo, ne
agevolava la comprensione. Il mondo era uno,
era il nostro mondo, prevedibile e conosciuto.
Einstein ci ha regalato un universo immenso
e instabile, in cui è impossibile avere
la prova provata che tutto è come prevede
lui, che esistano veramente delle cose che la
sua teoria prevede ma che noi esseri umani non
potremo mai verificare.
Fino al 1905 l'uomo non poteva che avanzare
verso un futuro incredibile, migliorando sé
stesso e il mondo: si viveva nel mito del progresso,
dell'uomo buono che conquista il mondo. In una
parola, in Europa era l'epoca del positivismo,
e Verne
può essere scelto come il suo massimo
rappresentante, in forza soprattutto del suo
notevole successo di pubblico: i suoi romanzi
uscirono regolarmente quasi una volta all'anno
dal 1863 alla sua morte. Non solo, i suoi romanzi
erano talmente apprezzati da godere del privilegio
di essere pubblicati anche dopo la morte, grazie
all'aiuto del figlio Michel. Questi raccolse
i manoscritti incompleti del padre e li terminò,
garantendo fino al 1914 l'uscita di ben sei
nuovi libri firmati Jules Verne.
Ricordiamo le caratteristiche principali dei
suoi romanzi: viaggi e conquiste, protagonisti
forti e ironici. Per capirci meglio, leggiamone
alcuni titoli: Cinque settimane in pallone,
Parigi nel XX secolo, Viaggio al centro della
terra, Dalla Terra alla Luna, Le avventure del
capitano Hatteras, I figli del capitano Grant,
Ventimila leghe sotto i mari, Una città
galleggiante, Il giro del mondo in 80 giorni,
L'isola misteriosa, Michele Strogoff, Il raggio
verde. Sono titoli schietti e leali: trasudano
avventura, eroismo e coraggio. E il lettore
medio del secondo novecento voleva questo, tanto
da garantire a Jules un successo notevole in
modo generalizzato.
Eppure Verne è stato presto etichettato
come scrittore per ragazzi, e i
suoi romanzi come letteratura per ragazzi.
Dimenticando che questo genere romanzesco è
un prodotto recente, recentissimo. Prima tutti
erano lettori, e tutti erano destinatari potenziali:
giovani e adulti. Evidentemente qualcosa è
cambiato, se uno scrittore così popolare
si è visto etichettare i suoi libri come
roba per ragazzini. Il mondo è
mutato, evidentemente. Il positivismo è
finito, sostituito da una nebulosa di correnti,
di ideologie e di gusti testimoni della grande
confusione che ha segnato tutto il ventesimo
secolo.
O, piuttosto, della vittoria del relativismo
e dell'individuo in Europa. Vittoria anticipata
dall'affermazione della teoria della relatività
in ambito scientifico e rappresentata da uno
dei punti di riferimento fondamentali nella
storia del pensiero nel secondo dopoguerra:
Jean Paul Sarte, nato nello stesso anno della
morte di Verne.
L'accostamento è una provocazione, vuole
esserlo: come paragonare un romanziere di evasione
con l'intellettuale impegnato per eccellenza?
In effetti però Sartre ha scritto anche
dei romanzi e dei racconti oltre che dei testi
teatrali: proprio come Verne. È, però,
mutato il referente, il punto di vista. Verne
ci parlava del super eroe, del viaggiatore forte,
coraggioso e ironico che scopre e conquista
un mondo che è li ad attenderlo. Sartre
ci mostra invece come l'uomo sia poco più
che sé stesso, che la realtà non
aspetta di essere scoperta o domata: è
l'uomo a dover accettare dei valori, delle nozioni,
a doversi adattare, insomma. Perché poi
niente di quello che fa dipende interamente
da lui.
I romanzi rappresentano efficacemente queste
differenze, sin dai titoli: dove prima avevamo
il trionfo di parole come viaggi
o di nomi di eroi, Sartre usa termini sgradevoli
o poco stimolanti come Nausea o
Muro. Sfogliando le pagine, poi,
scopriamo le differenze più importanti,
quelle dello stile usato. Verne ha uno stile
classico, d'avventura, con cui si
vuole eccitare la fantasia, stupire il lettore,
celebrare il suo mondo. Questo ci viene mostrato
benissimo dal paragrafo iniziale tratto dall'originale
di uno dei suoi libri più celebri, Ventimila
leghe sotto i mari:
L'année 1866 fut marquée par
un événement bizarre, un phénomène
inexpliqué et inexplicable que personne
n'a sans doute oublié. Sans parler des
rumeurs qui agitaient les populations des ports
et surexcitaient l'esprit public à l'interiur
des conteninets, les gens de mer furent particulièrement
emùs. Le négociants, armateurs,
capitaines de navires, skippers et masters de
l'Europe et de l'Amérique, officiers
des marines militaires de tout pays, et, après
eux, les gouvernements des divers États
des deux continents, se préoccupèrent
de ce fait au plus haut point.
(...)
Al contrario, l'inizio del racconto Il muro
di Sartre indugia più sui particolari,
sulle emozioni, lasciandoci intuire molto della
sua poetica e del suo pensiero:
On nous poussa dans une grande salle blanche
et mes yeux se mirent à cligner parce
que la lumierè leur faisait mal. Ensuite
je vis une table et quatre types derrière
la table, des civils, qui regardaient des papiers.
On avait massé les autres prisonniers
dans le fond et il nous fallut traverser toute
la pièce pour les rejoindre. Il y en
avait pluseurs que je connaissais et d'autres
qui devaient être ètrangers. Les
deux qui étaient blonds avec des crânes
ronds; ils se ressemblait: des Français,
j'imagine. Le plus petit remontait tout le temps
son pantalon: c'etait nerveux.
(...)
La differenza fondamentale non è però
nello stile, nei titoli, ma nei contenuti che
vogliono comunicare. In Sartre questi sono diversi
da quelli di Verne e, soprattutto, sono più
conseguenti, meno caricaturali. Questo ci viene
mostrato con eleganza nel racconto Il muro,
di cui si è visto già il paragrafo
iniziale. Qui il protagonista è un repubblicano
spagnolo catturato dai falangisti (siamo negli
anni 30 durante la guerra di Spagna) che viene
condannato a morte e fucilato per finta. Dopo
che ha visto cadere gli uomini accanto a lui,
gli viene chiesto di tradire i compagni, cosa
che lui rifiuta di fare. Però, per prendersi
gioco dei falangisti, decide di raccontare quello
che sa essere una menzogna. E la bugia che dice
si scopre essere la verità, salvandogli
la vita. Fortuna? Vergogna?
Sartre non offre una risposta a questo. Mentre
l'eroe di Verne si sarebbe concesso, al massimo,
un sorriso ironico per poi ripartire verso un'altra
avventura, il protagonista de Il muro si abbandona
a una risata assurda, piena. È la vittoria
del relativismo, in cui niente è pienamente
comprensibile e scontato, tutto è talmente
assurdo da essere solo degno di una sola grande
risata: quella stessa risata, come dicevano
gli slogan nel sessantotto, che ci seppellirà.
Quella grande risata, assurda e orribile, che
viene su quando vediamo le foto del fungo di
Hiroshima, prodotto grazie alle brillanti teorie
di Einstein, e intanto sentiamo cantare le lodi
del progresso, della superiorità dell'uomo
e della sua innata bontà. Forse è
per questo che Verne è stato etichettato
come letteratura per ragazzi, in fondo.
Note:
Per quanto riguarda la teoria della relatività
e la sua difficoltà di sperimentazione,
leggere Umberto Bartocci, Albert Einstein e
Olinto De Pretto: la Vera Storia della Formula
più Famosa del Mondo, Bologna: Andromeda
1999.
Jules Verne è stato già ampiamente
presentato in Progetto Babele numero 10 dagli
ottimi articoli di Carlo Santulli, Sabina Marchesi
e Rossella maria Luisa Bartolucci. Si aggiunge
qui che il suo ultimo romanzo, Parigi nel XX
secolo, è stato pubblicato nel 1994 (quindi
89 anni dopo la morte), prova della sua popolarità.
Sartre è noto più come filosofo
che come scrittore, anche a ragione: ha pubblicato
a stento una raccolta di racconti (Le mur, 1939)
e due romanzi (La Nausée, 1938, e Les
Chemins de la liberté, 1945-49), tutti
concentrati in pochi anni. Al contrario, è
ricchissima la sua produzione saggistica che
va dagli anni universitari fino alla sua morte
nel 1980.
>>DA LEGGERE SUL SITO:
>>Jean
Paul Sartre (1905-1980)
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