Nasce
tra la fine del Settecento e gli inizi dell'Ottocento
ciò che comunemente va sotto il nome
di revival gotico. Lo ritroviamo prima in architettura,
grazie all'impulso di Christopher Wren e dei
suoi allievi, e contagia in seguito anche la
pittura e le altre forme artistiche. Il primo
connubio tra le arti figurative e la letteratura
avviene nelle Osservazioni sulla Faerie Queen
(1762) di Thomas Warton, in cui l'autore paragona
il poema di Spenser ad un'opera architettonica.
Nello stesso anno anche Horace Walpole compie
qualcosa di simile in Aneddoti di Pittura, in
cui dedica un capitolo fondamentale proprio
agli architetti medievali. Per dare forma tangibile
al nuovo gusto, si fa costruire Strawberry Hill,
una nuova dimora acquistata nel 1747 e trasformata
secondo i canoni del revival gotico.
L'apprezzamento per il gusto gotico si instaura,
d'altra parte, su un clima politico-sociale
e culturale peculiare. Positivismo e razionalismo,
che avevano dominato la scena filosofica dell'inizio
del Settecento, vengono messi da parte a favore
dell'immaginazione, che assurge a facoltà
umana per eccellenza. Cambia, in questo periodo,
anche il rapporto dell'uomo con la natura e
si infrangono la rigidità sociale, gli
elementi conservatori e le limitazioni poste
dalle istituzioni. Tutti questi sconvolgimenti
nascono essenzialmente da due rivoluzioni storiche,
che colorano a tinte fosche la scena sociale
e quella letteraria: la Rivoluzione Industriale
e la Rivoluzione Francese.
La prima reazione della Rivoluzione Industriale,
che troverà poi pieno compimento nella
caduta dell'ancien régime, è il
capovolgimento della gerarchia sociale. I nobili
devono far posto alla nuova classe nascente,
la borghesia; cominciano a perdere le proprie
terre, dove sorgeranno le fabbriche, le loro
ricchezze diventano sempre più esigue
ed i loro titoli nobiliari si trasformano in
vuoti nomi senza significato né valore.
Dall'altra parte, invece, la borghesia diventa
l'emblema della società laboriosa, virtuosa
e che conta davvero. La costruzione delle fabbriche
cambia anche totalmente il rapporto con la natura;
l'industria ne usurpa il posto in tutti i sensi.
L'uomo è costretto ad adeguarsi alla
nuova realtà, fatta di cunicoli stretti
e senza luce delle miniere, di mostri giganti
fatti di metallo, di un lavoro ripetitivo e
alienante.
A questa realtà sconvolgente si aggiunge
la Rivoluzione Francese, con tutte le sue implicazioni
sociali, politiche e artistiche. Innanzitutto,
come per la Rivoluzione Industriale, il capovolgimento
della gerarchia sociale; da classi privilegiate,
nobiltà e clero diventano le classi da
cacciare ed eventualmente da estinguere. Le
atrocità che si susseguono durante e
dopo la Rivoluzione, nel periodo del Terrore,
mettono a nudo il lato più infimo dell'uomo,
il suo lato oscuro, quel lato animalesco che
neanche la ragione è riuscita a sopire.
Ed è proprio da qui che parte il romanzo
gotico; esso vuole mettere nero su bianco quella
violenza e quelle angosce che le due rivoluzioni
del XVIII secolo hanno portato alla luce.
Considerato da sempre il primo
romanzo gotico e pubblicato nel 1764, Il castello
di Otranto rappresenta il punto di partenza
per tutti quei romanzi cosiddetti noir, di orrore
e di terrore. Esso infatti si pone come sorgente
di tutti quegli autori che, oltrepassando il
periodo canonicamente riconosciuto come "periodo
del romanzo gotico" (seconda metà
del Settecento - inizi dell'Ottocento) continueranno
questo filone giungendo alle opere di Poe, di
Hoffmann, di Lovecraft, di Emily Brontë
e del suo Cime tempestose, fino ad arrivare
al Dracula di Bram Stoker e alla contemporanea
Anne Rice (basti pensare, ad esempio, ad Intervista
col vampiro e a La Mummia). Il primo intento
di Walpole era, in realtà, quello di
"mescolare due tipi di romanzo, l'antico
e il moderno" rifacendosi esplicitamente
a "un grande maestro della natura, Shakespeare",
come ebbe a spiegare nella prefazione alla seconda
edizione. E come tale, infatti, si pone Il castello
di Otranto; esso è un trait d'union tra
il romanzo cavalleresco, che aveva imperato
nella letteratura fino ad allora come simbolo
dell'aristocrazia, ed il nuovo romanzo didattico-sentimentale,
tipicamente borghese.
Nel suo romanzo, Walpole, quindi, pone degli
elementi che si ritroveranno, tutti o in parte,
in maniera identica o leggermente diversa, nei
romanzi gotici a venire:
Il Castello: è
il luogo in cui si svolge gran parte dell'azione
del romanzo; tipicamente claustrofobico, fatti
di passaggi segreti e corridoi bui, rovine cadenti
e trappole. La funzione espletata dal castello,
in alcuni romanzi successivi, potrà essere
realizzata dal convento oppure da ambedue;
Il soprannaturale: elemento caratterizzante
il romanzo cavalleresco, esso si offre al lettore
sotto diversi aspetti: visioni terrificanti,
profezie di distruzione, presenza di fantasmi;
L'atmosfera tetra: viene costruita essenzialmente
su eventi soprannaturali e sostenuta da versi
di animali (ululato di cani e lupi o versi di
gufi e civette), rumori inspiegabili (catene,
passi, porte che sbattono) e dalle condizioni
atmosferiche (pioggia, nebbia, vento, lampi,
ecc.)
La triade malvagio-eroina-eroe: sono i tre personaggi
principali, che non mancano mai nei romanzi
gotici: un uomo malvagio, ma molto potente che
viene sconfitto con l'onestà e la purezza
di cuore dell'eroe e dell'eroina;
L'amore contrastato: derivato anch'esso dal
romanzo cavalleresco, il topos dell'amore contrastato
viene trapiantato nel romanzo gotico con successo;
esso sottolinea le traversie che l'eroe e/o
l'eroina dovranno attraversare prima di giungere
alla felicità finale che consiste nel
congiungersi in matrimonio; può capitare,
in alcuni casi, che ci siano due eroine, come
nell'opera di Walpole; l'eroe allora le difenderà
entrambe e sposerà alla fine colei che
sarà sopravvissuta;
L'agnizione finale: l'eroe non è mai
quello che sembra essere e nella parte finale
del romanzo questo viene messo in luce; con
l'agnizione finale, egli riacquista la sua vera
identità, celata da natali oscuri e poco
chiari, mettendo così fine all'usurpazione
perpetrata dal malvagio su beni e terre che
non gli spettano e facendo il primo passo verso
il matrimonio con l'eroina e la felicità.
Tutti questi elementi costituiscono
lo scheletro del romanzo gotico, cioè
sono caratteristiche dalle quali non si può
prescindere se si scrive tale tipo di romanzo.
Proviamo ad analizzarli uno per uno nel contesto
della narrazione.
Il castello
Il castello di Manfred si presenta fin dalla
prima pagina come un luogo sostanzialmente maledetto,
in cui vive una famiglia, il cui unico figlio
maschio, erede del titolo e dei beni, è
un ragazzino malaticcio, e su cui incombe un'antica
profezia che così recita: "Il castello
e la signoria di Otranto dovranno passare dall'attuale
famiglia al vero proprietario quando egli sarà
diventato troppo grande per abitarlo".
Una profezia incomprensibile che Manfred vuole
a tutti i costi scongiurare e che, invece, comincia
a realizzarsi con la morte del giovane Conrad
ad opera del prodigioso elmo gigante che lo
schiaccia. Il castello di Manfred è un
castello che, al contrario dell'iconografia
classica dei castelli medievali, in cui si rifugiano
tutti gli abitanti per la notte e le cui porte
vengono chiuse a difesa di uomini e cose, si
presenta, in realtà, come un luogo terrificante,
fatto di passaggi segreti e corridoi bui, che
si snodano nelle sue viscere e nel cui labirinto
l'eroina cerca una via di fuga dal suo inseguitore.
È un luogo dal quale fuggire anziché
nel quale rifugiarsi, un luogo di prigionia
anziché di difesa, un luogo in cui si
combatte, anziché un luogo in cui vivere
in pace. È un luogo isolato, quasi sospeso
a mezz'aria, in cui le regole del mondo esterno
non valgono e dove può accadere di tutto,
forse soprattutto, le cose più irreali.
È solitamente un bene usurpato che il
malvagio di turno occupa senza alcun diritto
e che dovrà restituire al legittimo erede
(di solito l'eroe) alla fine della storia.
Il soprannaturale
Elemento particolarmente caratteristico nelle
storie gotiche, il soprannaturale, che nel Castello
di Otranto ha un ruolo preminente, man mano
diventerà un elemento di importanza secondaria
o, come nel romanzo di Clara Reeve, Il vecchio
barone inglese, e nei romanzi di Ann Radcliffe,
avrà una spiegazione logica presente
al lettore ma non sempre ai protagonisti. Il
primo riferimento ad un intervento soprannaturale
nel Castello di Otranto è quello legato
alla profezia che incombe sul casato di Manfred,
una profezia che predice la fine della sua stirpe
e che egli stesso cerca di contrastare organizzando
il matrimonio tra suo figlio Conrad, un ragazzino
malaticcio, e la giovane Isabella. Ed è
ancora un intervento soprannaturale, di lì
a poco, che mette fine ai suoi sogni di gloria:
Conrad viene ucciso schiacciato da un elmo gigante
che un giovane contadino riconosce come l'elmo
appartenente alla statua di Alfonso il Buono.
La sua affermazione, ritenuta falsa da Manfred,
viene invece avvalorata da alcuni altri contadini
che, recatisi alla vicina chiesa, tornano a
bocca aperta confermando l'assenza dell'elmo
dalla statua. Walpole fa un grande uso degli
eventi soprannaturali nel corso del suo romanzo.
Sebbene alcuni di essi abbiano il compito immediato
di salvare l'eroina, in realtà tendono
tutti ad un unico scopo finale: rimettere la
signoria di Otranto nelle mani del legittimo
proprietario. E, nella maggior parte dei casi,
ognuno di questi eventi corrisponde ad una precisa
azione da parte di qualcuno dei personaggi.
L'atmosfera tetra
L'atmosfera che pervade l'opera di Walpole è
fatta di tensione palpabile ed oscurità,
sensazioni claustrofobiche e terrore, apparizioni
di fantasmi e visioni apparentemente inspiegabili.
Il tutto viene condito con particolari condizioni
climatiche che rendono più fosca l'atmosfera
del romanzo. Il vento ("E' il vento che
soffia tra i bastioni della torre superiore",
cap. 2), in particolare, aiuta nella costruzione
di queste situazioni, ma non sono infrequenti
anche rombi di tuono ("si sentì
subito un rombo di tuono", cap. 3) ed ombre
tenebrose, che ben si addicono al tema e alle
emozioni, alle sensazioni e alle atmosfere cupe
che vengono presentate nel corso della narrazione.
L'azione si svolge prevalentemente in luoghi
chiusi (sotterranei del castello, corridoi,
stanze chiuse) e quando invece si svolge all'aperto,
solitamente è notte ed i luoghi sono
soprattutto labirintici, come le grotte ed il
bosco nel quale si rifugia la giovane Isabella
per sfuggire ai suoi inseguitori.
La sensazione che ne risulta è, come
dicevamo, claustrofobica; Isabella, la preda
innocente, passa dai sotterranei del castello
a quelli della vicina chiesa di San Nicola e
da qui nel bosco, sempre preda inseguita e,
quindi, terrorizzata. Anche questo inseguimento
a tutti i costi contribuisce a rendere l'atmosfera
del romanzo terrificante e a mantenere in tensione
il lettore che, identificandosi con la vittima,
ne subisce le sensazioni di terrore ed impotenza.
La triade malvagio-eroe-eroina
In ogni romanzo gotico che si rispetti c'è
la triade dei personaggi principali: c'è
un malvagio, solitamente usurpatore di un titolo
nobiliare e di beni che non gli appartengono
di diritto, un'eroina che gli sfugge, o almeno
tenta di farlo, aiutata dall'eroe, che appare
come un giovane povero, solitamente contadino,
ma che in realtà nasconde natali ben
più nobili e che alla fine riuscirà
a riconquistare il proprio ruolo, a sconfiggere
con la verità e la purezza di cuore il
malvagio e a sposare l'eroina.
Il soprannaturale ne "Il
castello di Otranto" Schema Riassuntivo
1. Manfred insiste sul
voler sposare Isabella e divorziare da Ippolita
e cerca di prendere la ragazza con la forza
1. le piume dell'elmo di marmo che ha ucciso
Conrad svolazzano avanti e indietro sotto gli
occhi di Isabella e Manfred Capitolo 1
2. Manfred dichiara di voler procedere
comunque anche contro il volere del cielo 2.
il dipinto che ritrae il nonno di Manfred comincia
a sospirare ed il suo petto a sussultare; in
seguito, il personaggio scende dal dipinto e
comincia a camminare; la porta della galleria
si chiude improvvisamente Capitolo 1
3. Jaquez e Diego, su ordine di Manfred,
cercano Isabella nella grande sala alla fine
della galleria 3. il piede della statua gigante
di Alfonso il Buono, in armatura, appare nella
grande sala e li spaventa Capitolo 1
4. Theodore e frate Jerome si oppongono
allo scambio di Theodore con Isabella 4. le
piume dell'elmo di marmo si muovono di nuovo
più violentemente di prima Capitolo 2
5. Frederic, padre di Isabella, giace
a letto ferito e racconta la sua storia 5. Frederic
racconta di aver sognato che la figlia era prigioniera
in un castello Capitolo 4
6. in Palestina Frederic viene liberato
dai suoi compagni e si ritrova in un bosco 6.
trova un eremita a cui era apparso San Nicola,
il quale gli aveva confidato un segreto che
doveva essere svelato solo in punto di morte
Capitolo 4
7. Frederic scava sotto l'albero indicato
dall'eremita 7. appare sottoterra una spada
enorme su cui è inscritta una quartina
profetica Capitolo 4
8. Manfred va a cercare la moglie al
convento e vi trova padre Jerome, al quale racconta
che lui e Frederic si concederanno le rispettive
figlie in matrimonio dopo il divorzio da Ippolita
8. tre gocce di sangue cadono dalla statua di
marmo di Alfonso il Buono Capitolo 4
9. Bianca va verso la stanza di Isabella
9. le appare una mano gigante in armatura Capitolo
5
10. Frederic va nella stanza di Ippolita
per parlarle del divorzio, non la trova e va
quindi nella cappella 10. nella cappella trova
lo scheletro dell'eremita che gli ricorda la
sua promessa Capitolo 5
11. Matilda muore 11. quando tutti sono
usciti, con fragore il castello crolla fino
alle fondamenta ed appare il fantasma gigante
di Alfonso il Buono indicando in Theodore il
suo vero erede Capitolo 15
Il malvagio: Manfred
Manfred viene presentato subito, non a caso
il suo nome è la prima parola che Walpole
scrive del suo romanzo: "Manfred, principe
di Otranto, aveva un figlio ed una figlia".
L'autore pone immediatamente in evidenza la
questione più importante per il principe:
assicurare alla propria casata una discendenza
a dispetto della profezia che incombe sul suo
castello. Manfred ama suo figlio Conrad perché
è l'unico in grado di assicurargli la
continuità della sua stirpe, mentre la
figlia è per lui come assente. Appare
piuttosto chiara, quindi, l'aridità dei
sentimenti di quest'uomo, aridità che
sarà ancora più palese dopo la
morte del giovane Conrad. Poiché il suo
scopo principale è quello di avere un
erede, Manfred, per nulla intristito dalla morte
del figlio, dà subito ordini affinché
i suoi servitori si occupino "della giovane
Isabella". Nei suoi discorsi, egli risulta
essere oltremodo pratico; le parole che utilizza
nello spiegare ad Isabella il suo intento di
divorziare dalla moglie Ippolita per poter prendere
lei in sposa sono chiarificatrici del suo modo
di agire. Quando chiama Isabella per metterla
a parte del suo intento si sposarla al posto
del figlio, cerca di giustificare innanzitutto
davanti a lei la scelta che ha operato. Frasi
come "[Conrad] non era degno della tua
bellezza", oppure "era un ragazzino
gracile e malaticcio", o ancora "spero
tra pochi anni di essere felice della morte
di Conrad" suonano terribili sulle labbra
di un padre che ha appena perso il figlio. Se
si aggiungono a queste anche i commenti sulla
propria moglie ("Maledetta sia Ippolita!"
e "Ippolita non è più mia
moglie") appare chiaro il motivo per cui
Manfred risulti immediatamente, agli occhi del
lettore, un personaggio odioso ed esecrabile.
Diventa quasi incomprensibile, quindi, il perché
lo stesso Walpole, qualche pagina più
avanti, sempre nel Capitolo 1, quando egli scopre
Theodore nei sotterranei e lo ritiene responsabile
della fuga di Isabella verso la chiesa di San
Nicola, dica di Manfred che "non era uno
di quei tiranni selvaggi che cercano la crudeltà
senza motivo" e che "le sue virtù
erano sempre pronte ad operare quando la passione
non gli oscurava la ragione". Manfred,
infatti, è anche capace di nutrire dei
sentimenti puliti, sebbene non risulti palese
da come agisce. Egli è infatti "vergognato
del suo modo di trattare una principessa [Ippolita]"
e tuttavia procede nel suo intento con la speranza
di avere un erede e vanificare la profezia.
Manfred si scontrerà con il terrore e
la vergogna di Isabella, con gli eventi soprannaturali
che incombono sul suo futuro, con la chiesa
rappresentata da padre Jerome, con la volontà
divina rappresentata anche dall'arrivo portentoso
di Frederic ma non si rassegnerà mai.
Anzi, cercherà di convincere il padre
di Isabella, Frederic, ad effettuare un doppio
matrimonio: Manfred sposerà Isabella
e Frederic sposerà Matilda. L'accordo
salterà soltanto perché Frederic
incontrerà lo spettro dell'eremita che
l'aveva fatto uscire dalle galere della Palestina
per compiere il volere di Dio e si ravvederà.
Manfred, alla fine, rinuncerà al suo
intento malvagio solamente quando, per errore,
credendo che sia Isabella, pugnalerà
a morte la sua stessa figlia Matilda accorgendosi
degli errori commessi. Realizzerà che
il volere divino non può essere contrastato
e che la verità trova sempre una strada
per venire alla luce e confesserà anche
l'assassinio di Alfonso il Buono ad opera di
suo nonno Ricardo perché questa "memoria
insanguinata serva da avvertimento per i futuri
tiranni".
Le eroine: Isabella e Matilda
Capita, in alcuni romanzi gotici, come nel Castello
di Otranto, che ci siano due eroine anziché
una. Isabella e Matilda sono le vittime innocenti
dello stesso malvagio, Manfred, e sono protette
ed aiutate dallo stesso eroe, Theodore, sebbene
egli ne ami una soltanto. Le due giovani sono
belle e docili, potrebbero essere le mogli ideali
di Theodore, il giovane eroe di bell'aspetto
e di cuore gentile, ed infatti ambedue sono
innamorate di lui. Soltanto una chiaramente
riuscirà a sposarlo e sarà colei
che sopravvivrà. Tanto Isabella quanto
Matilda sono le tipiche giovani del romanzo
gotico, vergini pudiche che non osano appartarsi
da sole con un uomo, anche se questo gesto potrebbe
salvare loro la vita. Tipico esempio di questo
comportamento è Isabella, la quale, trovatasi
nel bosco, si rifiuta di seguire Theodore all'interno
di una grotta perché ha paura di ciò
che la gente dovesse dire della sua condotta
nel caso fossero trovati insieme. Ed anche Matilda,
che viene trovata dal padre sulla tomba di Alfonso
con Theodore, in realtà non era lì
per un convegno amoroso; i due si erano incontrati
per caso perché entrambi erano andati
lì a pregare. Sebbene Isabella si convinca
ben presto di lasciare il giovane Theodore a
Matilda, poiché lui non ha occhi che
per lei, il finale sarà ben diverso,
in quanto Manfred, per errore, pugnalerà
la propria figlia condannandola alla morte e
lasciando campo libero a Isabella, che, alla
fine, sposerà Theodore, pur nel ricordo
di Matilda.
L'eroe: Theodore
Theodore appare, nel romanzo, subito dopo la
morte di Conrad e la sua osservazione sull'elmo
che lo ha schiacciato, "esattamente uguale
alla statua in marmo nero di Alfonso il Buono",
lo rende immediatamente antipatico agli occhi
di Manfred. Theodore viene presentato come un
"giovane contadino" proveniente dal
vicino villaggio. La follia ed il terrore di
Manfred di rimanere senza eredi lo portano ad
accusarlo di aver provocato la morte del figlio.
Condannato a languire sotto l'elmo stesso, ritroviamo
invece Theodore durante la fuga di Isabella,
che egli aiuta volentieri a scappare da Manfred.
Condannato a morte di nuovo perché ritenuto
l'amante della ragazza, viene riconosciuto da
padre Jerome come il proprio figlio perduto,
grazie ad un segno sul braccio. È questa
la prima parte dell'agnizione di Theodore, che
procederà nel corso del romanzo fino
ad arrivare al riconoscimento finale come erede
della principalità di Otranto.
Dal primo incontro con Isabella, Theodore si
pone come eroe cavalleresco, pronto a fare qualsiasi
cosa per proteggere la donna in pericolo. Il
giovane Theodore è anche bello, e, da
come parla, sembra tradire dei natali nobili
nonostante il suo aspetto dimesso e contadino.
In più, è incredibilmente somigliante
al ritratto di Alfonso il Buono, il che lo rende
amabile agli occhi di Matilda e temibile a quelli
di Manfred, tanto che, agli inizi del Capitolo
4, quando Manfred torna dal bosco e lo trova
nella stanza di Frederic, lo scambia per il
fantasma di Alfonso, duplicando una famosissima
scena del Macbeth di Shakespeare (atto III,
scena IV), nella quale Macbeth era l'unico a
vedere lo spettro di Banquo aggirarsi al banchetto
che egli aveva organizzato per i nobili.
Tipico eroe positivo, egli difenderà
a turno sia Isabella che Matilda, innamorandosi
però di quest'ultima. Theodore, come
ogni eroe del romanzo gotico (e di ogni romanzo
cavalleresco) è nobile di cuore, oltre
che di origine, non teme eventi soprannaturali
giustificandosi con il fatto che non ha mai
nuociuto a nessuno, raramente imbraccia le armi,
ma si difende dal malvagio con la forza della
verità e della purezza. Egli è
convinto che la Provvidenza lo sosterrà
perché è puro di cuore e senza
bramosie.
L'amore contrastato
È quello che nasce tra Theodore e Matilda.
Questo amore è contrastato fin dall'inizio,
innanzitutto perché, all'apparenza, Theodore
è un contadino, non è quindi degno
di aspirare alla mano di una principessa, quale
Matilda è. Inoltre, Matilda stessa ha
una certa propensione per il convento, che però
subito abbandona quando incontra Theodore. Manfred
pone un altro ostacolo insormontabile per questo
amore: vuole che la figlia sposi Frederic perché
questi gli ha promesso in cambio la mano della
propria figlia Isabella. Ma il colpo finale,
sempre ad opera di Manfred, è la pugnalata
che il principe infligge alla giovane figlia,
credendola Isabella. La ferita a morte inferta
a Matilda infrange per sempre i sogni d'amore
dei due giovani; a Theodore non resta quindi
che sposare l'altra eroina rimasta, Isabella,
con la quale potrà sempre parlare del
suo grande amore perduto.
A differenza di molti altri romanzi gotici,
in cui dopo tante traversie l'eroina e l'eroe
riescono a coronare il loro sogno d'amore, nel
Castello di Otranto questo non accade; l'amore
contrastato rimane tale e il lieto fine si trasforma
in un epilogo dolce-amaro.
L'agnizione finale
L'agnizione di Theodore viene suddivisa in tre
fasi diverse e dilazionate nel corso del romanzo.
Il primo riconoscimento si ha nel corso del
Capitolo 2, quando padre Jerome scopre sul braccio
di Theodore il disegno di una freccia insanguinata.
Walpole lascia che il lettore si incuriosisca
poiché a questo episodio non fa seguire
alcuna spiegazione. La seconda fase del processo
di riconoscimento è quella rappresentata
dal racconto della storia di Theodore narrata
da lui stesso nel corso del Capitolo 4. Egli
racconterà a Manfred di come i corsari
avevano rapito lui e sua madre e li avevano
portati ad Algeri, di come la madre, prima di
morire, gli aveva disegnato sul braccio una
freccia insanguinata che lo potesse far riconoscere
come appartenente alla casa dei conti di Falconara,
di come era rimasto schiavo e poi era stato
liberato da un vascello cristiano, sbarcando
sulle coste della Sicilia alla ricerca del padre.
La terza fase, quella più importante,
è il riconoscimento di Theodore come
legittimo erede alla principalità di
Otranto. Theodore stesso chiederà in
sposa la morente Matilda in qualità di
principe di Otranto e il suo diritto sulla principalità
verrà avallato nientemeno che dallo spettro
di Alfonso il Buono, il quale, sorgendo sulle
rovine del castello distrutto fino alle fondamenta,
affermerà: "Contemplate in Theodore
il vero erede di Alfonso!"
Sarà quindi padre Jerome
a spiegare l'arcano narrando la storia di come
Alfonso il Buono era sbarcato in Sicilia, sulla
rotta per la Palestina, e lì era stato
trattenuto a causa di vento sfavorevole; si
era innamorato di una giovane donna, l'aveva
sposata e l'aveva lasciata incinta per partire
per la Palestina raggiungendo i Crociati. La
donna era morta partorendo una bambina, che
era poi divenuta la moglie di Jerome, quindi
la madre di Theodore, nipote, e dunque erede
legittimo, di Alfonso il Buono.
© Gioia Nasti - gioia.nasti@tin.it
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