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LANIMA
NERA DI OSCAR WILDE
IL PIU GRANDE INGANNATORE DELLA STORIA
a cura di Sabina Marchesi
Difficile coniare una
definizione calzante per le opere e lessenza
di Oscar Wilde, forse in assoluto il personaggio
più controverso di tutta la storia della
letteratura, in molti si sono provati a descrivere
con una sola frase il tocco raffinato di questa
penna imprevedibile, capace di colpire in poliedriche
direzioni, mischiando la satira alle tinte fosche
del dramma, nascondendo amabilmente feroci stilettate
al cuore dellaristocrazia e della buona
società britannica dietro una prosa leggera
e sarcastica, dove la buona letteratura si mescola
con sofisticata eleganza alla parodia umoristica.
Innumerevoli descrizioni ci sono rimaste di
questuomo affascinante, grande ed eccelso
conversatore, mente splendida ed acuta, vissuto
sempre sul filo del rasoio, in precario equilibrio
tra lacclamazione più sfrenata
e il più terribile ostracismo, ma la
maniera più calzante per descriverlo
è forse quella di attingere ad alcuni
dei suoi detti memorabili e immortali destinati
ad essere ripetuti e rivissuti dai posteri,
a suffragio perenne della sua memoria.
La Vita Imita lArte più di
quanto lArte non imiti la Vita ed
è proprio così che sono tutte
le sue opere, unimitazione continua di
tutto ciò che esiste, o che noi crediamo
esista, una rappresentazione speculare di tutte
le umane debolezze, dove anche le grandiosità
nascondono i dettagli più fragili dellanimo
umano.
Non ho nulla da dichiarare eccetto il
mio Genio che descrive perfettamente il
suo intero modo di vivere, quello di un uomo
che fece delleccentricità un pregio,
di nascita Irlandese riuscì ad imporsi
allattenzione della buona società
di Londra affascinandola con la sua irruente
personalità e la brillante conversazione
che dominava incontrastata con ingegno ed audacia
i salotti londinesi.
Riesco a resistere a tutto tranne che
alle tentazioni ed è il manifesto
di Dorian Gray, dove la cultura
estetica predomina su tutte le altre virtù,
capolavoro assoluto ed unico suo romanzo, che
lo consegna alla storia come LEsteta dellArte,
colui disposto a tutto sacrificare in nome dellamore
per il bello, portando la passione a dominare
su tutto il resto, in bilico sopra un precipizio
di insospettabili profondità, separando
una volta per tutte letica e la morale,
dallestetica, cosa che laristocrazia
dellepoca mai gli perdonò.
Laureato ad Oxford, di raffinata cultura, grande
parlatore, fine umorista, Wilde condusse tutta
la sua esistenza al di sopra e al di là
delle comuni convenzioni, ostentando uno stile
di vita provocatorio e spericolato, amorale
ed asociale, sfoggiando uneleganza stravagante
e bizzarra, e per questo fu amato ed odiato
da tutta la società vittoriana, facilmente
influenzabile dalle mode e dalleccentricità,
vanesia e superficiale, ma terribilmente pericolosa
nei giudizi, che erano senza appello e che alla
fine lo condussero alla rovina. Il debutto di
ciascuna delle sue commedie, da Il ventaglio
di Lady Windermere a LImportanza
di chiamarsi Ernesto, gettavano in subbuglio
tutta lalta società londinese che
accorreva in massa, rendendosi poi conto, quando
era forse troppo tardi, di essere essa stessa
oggetto dellumorismo al vetriolo e della
satira mordente dellopera rappresentata,
che ne beffeggiava i vezzi e le abitudini.
Snob, narcisista, depravato, vizioso, abbietto,
omosessuale, Oscar Wilde era semplicemente un
giovane ben nato, dotato di una sottile intelligenza,
dalla lingua sciolta, che amava assumere atteggiamenti
demodé, ambizioso e narcisista, amante
del bello e di sé stesso, capace di una
ironia caustica che non esitava a usare per
il solo desiderio di stupire, e di fare quello
che prima non era mai stato fatto, o di dire
quello che nessuno aveva mai osato dire, un
eterno giovanottone che bamboleggiava in società,
al solo scopo di appagare il suo senso di avventura
e di ribellione. Si fece beffe per anni dei
migliori salotti vittoriani, in cui però
veniva sempre benevolmente accolto, fino a che
questo precario equilibrio si spezzò,
i suoi stessi vizi tanto ostentati, lo tradirono,
e la bella società gli voltò le
spalle condannandolo al pubblico lubridio e
a una fine ignominiosa.
Ma fu comunque in assoluto luomo con il
più grande coraggio di vivere e di osare
mai esistito sulla faccia della terra, un borghese
che giocava a fare lanticonformista, un
tradizionalista che amava assumere atteggiamenti
sconvenienti, un pigro intellettuale che desiderava
solo stupire ed ammaliare.
Colpisce il fatto che i suoi aforismi sono giunti
fino a noi come esempi di raffinato cinismo
e di spietata ironia, quando invece a una lettura
più attenta rivelano, come fu per lui
stesso e per la sua vita, una certa dose di
saggezza, e di comprensione per le umane debolezze.
Se Dorian Gray fece gridare allo scandalo (
e in effetti cosa ci può essere di più
abbietto di un patto col diavolo che ti renda
immune da tutte le conseguenze fisiche e morali
delle tue malefatte scagliandole su un quadro
immagine e simulacro di tutti i mali del mondo
?) perchè sembrava incitare le nuove
generazioni verso una condotta amorale e sconsiderata,
con la certezza di una sicura immunità,
al tempo stesso rivela una sottile dicotomia
perché, se sottoposto a un esame più
approfondito denota una chiara disciplina morale,
sottintesa con ironia ma visibile, sotto il
primo strato di decadente disprezzo.
Fa tutto parte del sottile snobismo di Wilde
a cui importavano di certo più la fama
e la gloria, che non lespressione di una
morale, ma questo non esclude che ne avesse,
e infatti ne aveva. Ci basti pensare ai suoi
aforismi, apparentemente dedicati al solo culto
del bello, dellarguto, del sofisticato,
del raffinato, ma sempre spietatamente diretti
e scritti per colpire al cuore e sottolineare
per sempre la verità. Che è poi
lintento primario di ogni artista.
Non esistono libri morali o immorali
i libri sono scritti bene, o scritti male. Questo
è tutto.
Sembra unaffermazione irriverente, immorale,
puramente estetica, ma nasconde invece una sovrana
verità che tutti noi aspiranti scrittori
dentro di noi conosciamo assai bene.
E solo uno dei tanti inganni di questanima
suadente ed intrigante, che ancora si fa beffe
di noi a distanza di un secolo e mezzo, e basta
guardare una sua foto per vedere quello sguardo
irridente e beffardo di uno che sa di averci
sempre imbrogliati, come una delle sue opere
più incompresa, Il Fantasma di Canterville,
che viene a tuttoggi introdotta nelle
raccolte per ragazzi assieme alle altre favole
che Oscar Wilde pare avesse scritto per i suoi
due figli, e tuttora si rappresenta nei teatrini
scolastici. Ma non è una favola, o se
mai lo è, è una favola nera, un
piccolo intrigo, un bluff sapiente e misurato
tramato ai danni di noi lettori dal più
grande ingannatore della storia.
Brillante e spumeggiante come una coppa di champagne
questo racconto è tutto imperniato sull'incontro
tra due culture agli antipodi, la vecchia solida
inamovibile realtà britannica contrapposta
con la nuova rampante ed emergente società
americana. Il fantasma di per sè è
solo un elemento nel contesto, anzi tecnicamente
parlando è uno degli oggetti compresi
nella compravendita della casa avita, presso
la quale dimora.
Esilarante e burlesco, scritto in tono scansonato,
con una prosa sciolta e disincantata, umoristico
ma non troppo, questo testo, ingiustamente trascurato,
racchiude dentro di sè tutto un universo,
fatto oggetto di studi approfonditi esso rivela
tutta una serie di piani narrativi elegantamente
sovrapposti e sapientemente dosati. Ironia e
satira nei confronti delle due culture contrapposte,
da una parte il solido pragmatismo degli americani,
convinti di conoscere la soluzione a tutti i
problemi, sicuri di poter dominare il mondo,
certi di ottenere la conquista di ogni obiettivo
e di conseguire il superamento di tutti gli
ostacoli, la nuova aristocrazia, il potere del
denaro, la classe emergente, il futuro, dall'altro
lato il passato, la vecchia solidità
britannica, l'amore per le tradizioni, il mito,
la leggenda, la classica imperturbabilità
e quel vecchio ancestrale modo di essere sempre
uguali a sè stessi in ogni circostanza
che hanno fatto degli inglesi il popolo conquistatore
e colonizzatore che ha dominato il mondo. Da
una parte l'Inghilterra dunque, e dall'altra
l'America nascente, da una parte la fantasia,
la creatività, l'emozione, dall'altra
il realismo, lo scetticismo, il pragmatismo,
due mondi diversi che mal si conciliano, e ancora
una volta la lacerante divisione sempre più
sentita tra l'umanismo e il positivismo, tra
le tradizioni e il progresso, tra la storia
e la scienza, tra la filosofia e la tecnica,
in una lettura frizzante e umoristica, condotta
con mano leggera e sobrio sense of humour che
sono tipici di tutta la produzione di Wilde.
La storia in breve narra di un' antica e solida
famiglia britannica in procinto di vendere la
dimora avita a una famiglia di americani rampanti,
borghesi e arroganti. Vediamo il compunto capostipite
Lord Canterville fornire al nuovo proprietario
ragguagli circa gli accessori e le pertinenze
del bene immobiliare, pare infatti che il distinto
ministro americano non stia acquistando solo
un antico castello, ma anche il suo intero contenuto,
annessi e connessi, dunque comprensivo di mobili,
tendaggi, tappeti, vasellame, domestici e ...fantasmi.
Dunque impeturbabile Lord Canterville sta informando
Mr.Otis con distinto savoir fare non solo dell'esistenza
del fantasma, appartenente alla sua famiglia
da generazioni, ma anche dei suoi usi, costumi
e abitudini. Chiaro che il ministro americano
e la sua famiglia,da buoni appartenenti a una
cultura giovane e irridente, non prendano la
cosa molto sul serio, anzi la considerano come
un'ulteriore stranezza da parte dei vecchi Lords
Inglesi, e come tale la archiviano e la mettono
da parte.
E qui assistiamo alla partenza della vecchia
famiglia inglese, e all'insediamento della nuova
turbolenta famiglia americana, quasi a leggere
tra le righe una metafora sui cambiamenti che
proprio allora si stavano preannunciando nel
panorama mondiale con l'inesorabile sopravvento
della cultura del Nuovo Mondo sulle abitudini,
le consuetudini e i costumi del Vecchio. Anche
se Wilde con il suo sofisticato snobismo non
può esimersi dallo schierarsi dalla parte
della solida e nei secoli immutabile realtà
vittoriana, non può nemmeno evitare di
schiacciare scherzosamente l'occhio all'ingenua
semplicità del popolo americano che pur
facendo sorridere esercita comunque un fascino
innegabile. Dunque racconto fantastico, favola
nera, testo di potente atmosfera gotica, o satira
mondana-sociale che sia, questo racconto incanta
e strega, fa sorridere e riflettere, mentre
ascoltiamo il ministro americano opulento e
saccente dichiarare che se mai un fantasma fosse
esistito realmente in Europa i milgiori impresari
del continente nuovo lo avrebbero sicuramente
ingaggiato per farlo lavorare nei loro teatri,
come già fatto con i migliori attori
e cantanti, paragonando quindi una leggenda
vivente a un mero fenomeno da baraccone.Nel
contempo lo sentiamo dichiarare che se una governante
sviene rompendo il servizio buono per aver visto
un fantasma, è lecito e doveroso addebitarle
i danni, e vediamo la distinta e imperturbabile
Missis Otis offrire al fantasma sferragliante
che percorre i corridoi trascinando le sue catene,
un famoso e potentissimo prodotto per oliare
gli ingranaggi, e il giovane rampollo della
casata pulire la macchia di sangue che da secoli
riaffiora nel salotto buono, a memoria di un
turpe delitto compiuto in vita dal fantasma,
con uno smacchiatore di provata efficacia, mentre
i due gemelli, i più piccoli della famiglia
tendono al povero e ormai terrificato spettro
ogni sorta di trappole e di trabocchetti tutte
le volte che questi tenta di esibirsi in una
delle sue famosissime apparizioni. Ma Wilde
strizza l'occhio ancora una volta al lettore
inserendo nel racconto un ennesimo imprevedibile
dualismo, perchè, attenzione sarà
proprio Virginia, l'unica figlia femmina della
casata americana, a sanare questa ferita apparentemente
inguaribile, questo enorme divario tra il vecchio
e il nuovo mondo, tra la cultura emergente e
quella discendente, riuscendo inaspettatamente
a comprendere il fantasma e a soffrire per il
suo dramma, venendo così a spezzare una
maledizione antica di secoli, che nessuna delle
generazioni precedenti, tutte solidamente inglesi,
aveva potuto combattere, dando così al
fantasma pace e riposo eterno. Sembrerebbe finire
qui, quando però il nostro arguto e imprevedibile
ingannatore ancora ha una riserva di sarcasmo,
nel mostrarci una Virginia, ormai non più
ragazza ma donna sposata, tornare nostalgicamente
al castello per rivisitare la sua personale
leggenda, portando fiori sulla sua tomba, con
indosso i vecchi gioielli di famiglia dei Canterville,i
quali, di proprietà dello spettro ormai
defunto e facente parte delle pertinenze, annessi
e connessi del castello, appartegono ora di
pieno diritto agli Otis....e chi ci vuol leggere
qualcosa in questo epilogo ne tragga pure la
sua personalissima morale...non mancando però
di considerare che nel momento in cui il sagace,
arguto e sarcastico Wilde ancora una volta ci
ha ingannati, e con rara maestria e disinvolta
leggerezza per di più, non possiamo non
amarlo per l'eternità ripetendo con lui:
"Chi intende il simbolo, lo intende a suo
rischio e pericolo".
A cura di Sabina
Marchesi
DA LEGGERE (SUL SITO):
>>OSCAR
WILDE (1854-1900)
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