GLI
AUDIOLIBRI DI PB
Le versioni audio dei migliori racconti
comparsi sulla rivista, lette dagli autori
o dai membri della redazione di PB. Da ascoltare
on line o scaricare gratuitamente nel proprio
lettore MP3 per portarli con sè in
auto, in metropolitana o... al lavoro. Al
momento sono presenti in archivo
129racconti scaricabili gratuitamente. >>Clicca qui per ascoltare
Per parlarti dello zen, quindi,
non c'è bisogno che ti faccia un trattato
filosofico, poiché credo, come Polonio
nell'Amleto, che "la concisione è
l'anima della saggezza". A cui vorrei aggiungere:
"Se una cosa non si può spiegare
in poche parole, è inutile cercare di
spiegarla in molte". Infatti poche frasi
servono a volte a indicarci il cammino e a offrirci
materia di pensiero più di interi volumi,
ed è per questo che da sempre esiste
la poesia (e mi riferisco soprattutto ai frammenti
greci e agli haiku giapponesi); per questo vaste
correnti filosofiche possono essere racchiuse
in poche parole: piccoli semi trascendentali
che contengono un mondo intero.
Un errore diffuso fa credere che il progresso
consista anche nel coniare parole, salvo poi
lasciarle decadere, inflazionate, come quasi
tutti gli oggetti che ci circondano. Ma quante
parole ci vorrebbero per spiegare "...
ed è subito sera" di S.Quasimodo?
E quante per chiarire che "non è
possibile discendere due volte nello stesso
fiume"? (Eraclito,535 a.C.). La verità
è che non si può spiegare qualcosa
che non si è già intuito e, se
la si è intuita, perché spiegarla
? Shakespeare diceva che "discutere sul
perché il giorno è giorno, la
notte è notte, il tempo e tempo, non
servirebbe che a sprecare il giorno, la notte
e il tempo".
Ecco pertanto la voglia di scrollarsi di dosso
le sovrastrutture e le interferenze e andare
all'origine, che è un altro presupposto
zen. Altrimenti non è che una farsa:
"Facciamo rumore,e crediamo di parlare;
assumiamo espressioni, e crediamo di capirci"
(T.S.Eliot). Per prima cosa, quindi, bisognerebbe
uscire dalla logica dei presupposti e delle
conclusioni: per questo, mia cara, lascia che
introduca i miei argomenti come se fossero giorno
e notte insieme, perché così è
più probabile che ne nasca una sintesi,
un'alba o un tramonto.
A me, lo sai, non sono mai interessati i pupazzi
di cui è piena la letteratura, le creature
perfette dei romanzi creati dalla fantasia di
autori capricciosi e manovrati come burattini.
Io mi sono sempre interessato dell'uomo con
la sua solitudine, ed è da questi che
parto. Dalla necessità di superare il
gretto materialismo della società dei
consumi per spaziare nella dimensione dell'essere.
I motivi che inducono l'uomo a non avere più
fiducia nel progresso e nella tecnologia sono,
d'altronde, sotto gli occhi di tutti ma, in
realtà, erano gli stessi temi che i filosofi
trattavano cinquemila anni fa e che una schiera
di eletti ha continuato a coltivare per tutto
questo tempo.
Sono le considerazioni sul dolore, sulla solitudine,
sull'angoscia, le quali chiedono di essere superate;
e questo è zen. Lo zen è appunto
come siamo e dove andiamo, cosa veramente vogliamo
e come raggiungerlo. E' la meditazione che porta
alla comprensione di tutto questo, anche se
nessuno può dire effettivamente cos'è,
finché non l'ha pienamente raggiunto.
Il più noto degli illuminati è
senz'altro Budda, anche se egli stesso non parlò
mai di ciò che aveva veduto nel momento
supremo dell'illuminazione, che ebbe mentre
sedeva una notte sotto un gigantesco albero
di fico, a Gaya, in India, nel V secolo prima
dell'era cristiana. Quella stessa notte, come
vuole qualcuno, nacque lo zen, che però
ebbe uno sviluppo non coincidente col buddismo.
Si dice infatti che furono ventotto patriarchi
a trasmettersi la saggezza concepita in visione
e alla fine questa giunse a Bodhidarma, che
portò lo zen in Cina nel VI secolo dopo
Cristo. La trasmissione continuò per
via diretta, da maestro illuminato ad allievo
e così, solo e puro, non contaminato,
lo zen
viaggiò fino in Giappone (1215).
Nel frattempo il buddismo si era frantumato
in molte sette, anche in lotta fra loro per
avere la consacrazione ufficiale di veri seguaci
del Budda. Lo zen si tenne in disparte e mirò
solo a sgombrare
la strada dalle definizioni che gli venivano
affibbiate di volta in volta. Soprattutto stabilì
senza possibilità di errore la sua posizione
riguardante il concetto di 'nirvana' (paradiso),
che per i buddisti è opposto al 'samsara'
(l'inferno del continuo trasmigrare delle anime).
Per lo zen nirvana e samsara sono la stessa
cosa: il nirvana è qui, ora, in mezzo
al samsara, e non in un futuro-domani. Inoltre
per lo zen sarebbe stata vanità ed egoismo
ammettere un posto fuori di noi a cui non tutti
potessero essere ammessi.
Da questo punto di vista lo zen è rivoluzionario
nella sua semplicità. E' un insegnamento
che vede direttamente nell'uomo la possibilità
di raggiungere l'illuminazione di sé,
senza interventi esterni, né inferni
o paradisi artificiali. E vorrei ricordarti
a questo proposito l'esclamazione di Jack Kerouac
che una volta leggemmo insieme nel suo libro
"On the road". E' uno scrittore che
abbiamo amato proprio perché, e questo
l'abbiamo appreso in seguito, aveva assimilato
molto bene il messaggio zen. Dunque, la sua
esclamazione suona così: "Dio sei
tu,stupido !".
Come ti dicevo, la mistica orientale è
in un certo qual modo superiore e vincitrice
nei riguardi della teoretica occidentale, la
quale parte dal presupposto che esiste qualcosa
fuori di noi e si basa sulla rivelazione di
quel qualcosa e sulla dottrina, cioè
le parole, per spiegarla. Ma le parole sono
risultate fuorvianti, quando non chiaramente
definite, e confutabili, quando chiaramente
asserite. Le lingue moderne si sono infatti
accresciute a dismisura e hanno sottoposto le
antiche dottrine a indagini di ogni specie,
endendole come l'albatro di Baudelaire: "Le
sue ali di gigante gli impediscono di camminare".
L'uomo stesso ha perduto la posizione di attore,
riducendosi a passivo spettatore. Vive solo
di riflesso, magari per il tramite della televisione,
e acquista il suo sapere al supermercato, già
inscatolato e predigerito. Alla domanda allora
"cos'è lo zen ?", un maestro
rispondeva: "Considera quello che hai imparato
finora niente altro che polvere, e usa il quaderno
dei tuoi appunti come carta straccia. Se proprio
vuoi una risposta, il silenzio è la risposta,
e un dito che indica la via" (Sen-no-rikyu).
Questo grande maestro di vita zen aveva quindi
già intuito quanto si sarebbe sbilanciata
la sfera dell'essere rispetto a quella dell'avere
e del sembrare e sapeva che solo un ritorno
alla purezza
avrebbe potuto evitare conseguenze nefaste,
degne della Torre di Babele.
Lo zen è quindi l'uomo che rifiuta di
avere a che fare con i concetti; che si occupa
dei fatti vivi della vita. Il semplice passeggiare
diventa un fatto che ha dello straordinario
e prorompe di vitalità creativa: è
l'attuazione di un nuovo livello di coscienza
realizzato continuamente. Non è un semplice
raggiungimento della calma, ma anche uno stato
di attenzione che permette di cogliere il significato
più vero di quanto accade intorno a noi.
Il fatto centrale della vita è per lo
zen la vita stessa, non una fantasia religiosa
di una vita dopo la morte, sia pure nei felici
territori di caccia delle società venatorie,
né l'attesa di un qualsiasi "Godot",
come Samuel Becket definì Dio. E' il
prodotto dell'esperienza individuale piuttosto
che l'assorbimento del sapere altrui. Insomma,
mia cara, consentimi di ripetermi: lo zen è
tutto, anche se all'apparenza è niente.
Perciò, come scrisse Eugenio Montale
in "Ossi di seppia":
"Non domandarci la formula che mondi possa
aprirti
sì qualche storta sillaba e secca come
un ramo".
Forse tu ricordi la favola dello scorpione che
convinse una rana a dargli un passaggio oltre
il fiume. La rana era titubante dapprima, ma
lo scorpione le promise di non morderla: "altrimenti"
disse "moriamo insieme". La rana si
persuase e lo prese a cavalcioni. Ma proprio
in mezzo al fiume lo scorpione morse la rana.
Questa disse:" Perché l'hai fatto
? Ora io morirò, ma tu insieme a me".
E lo scorpione: " Non ho saputo trattenermi:
è la mia natura !".
Con ciò ho voluto dire che non tutti
gli uomini sono uguali. Ce ne sono di tutti
i tipi e ognuno nella propria vita intende perseguire
uno scopo diverso. Nella nostra società
consumistica la gente è quanto mai confusa.
Si aggrappa a tuto ciò che può,
dal mito delle vacanze ai viaggi esotici, dalla
buona tavola al cinema, dalla ginnastica alle
diete, dalle partite di calcio alle lotterie,
ma dopo tutte queste cose deludono e l'uomo
resta ancora di più schiacciato dalle
sue frustrazioni. Le persone impelagate in queste
attività sono così prese a soddisfarle
che non badano per il momento ad altro e sono
destinate a rimanere deluse come la rana. I
più furbi, invece, i politici e i grossi
pescicani in genere, sono come lo scorpione:
la loro stessa natura li perderà. Ma
ci sono menti più nobili che hanno superato
la visione superficiale della vita o i sogni
di potenza e quindi sono la base su cui si può
innestare un discorso sull'essere. (...)
IMPORTANTE: Il presente sito non costituisce testata giornalistica, non assume carattere periodico e viene aggiornato senza regolarità ogni qualvolta se ne presenti la necessità
ovvero secondo
la reperibilità e disponibilità dei contenuti e delle informazioni. Pertanto, il presente sito non può essere in alcun modo considerato testata
giornalistica assoggettabile
agli obblighi previsti dall’articolo 5 della legge n. 47 del 1948.