La Horla
di
Guy
de Maupassant
Trad. a cura di Gioia Nasti
Apparsa per la prima volta su PB Undici SETTEMBRE
2004
8
maggio
Che splendida giornata! Ho trascorso tutta
la mattinata steso sul prato davanti casa,
sotto l'enorme platano che la copre, la protegge
e le fa ombra. Amo questa città ed
amo viverci perché qui ho le mie radici,
quelle radici profonde e delicate che legano
un uomo alla terra dove sono nati e morti
i suo i avi, che lo legano a ciò che
pensa e a ciò che mangia, alle usanze
e al nutrimento, alle locuzioni locali, alle
intonazioni dei concittadini, ai profumi del
suolo, dei villaggi e dell'aria stessa.
Amo la casa nella quale sono cresciuto. Dalle
mie finestre vedo la Senna che scorre, lungo
il mio giardino, dietro la strada, quasi vicino
a casa mia, la grande ed ampia Senna che va
da Rouen a Le Havre, seminata di battelli
che passano. A sinistra, laggiù, c'è
Rouen, la grande città dai tetti blu,
sotto la moltitudine dei campanili gotici
appuntiti. Sono tantissimi, esili e grossi,
dominati dalla guglia di ghisa della cattedrale,
pieni di campane che suonano nell'aria blu
delle belle mattine, facendomi arrivare il
dolce brusio del ferro, il loro canto di bronzo
portato dalla brezza a volte più forte,
a volte più flebile a seconda che la
campana cominci a suonare o finisca.
Come era bello il tempo stamattina!
Verso le undici, un lungo convoglio di battelli
trainati da un rimorchiatore Aguerlo, ha su
si noi, sui nostri organi e, attraverso loro,
sulle nostre idee, perfino sul nostro cuore,
degli effetti rapidi, sorprendenti ed inspiegabili.
Come è profondo il mistero dell'Invisibile!
No possiamo conoscerlo attraverso i nostri
sensi miserandi, con i nostri occhi, che non
sanno scorgere né il troppo piccolo,
né il troppo grande, né il troppo
vicino, né il troppo lontano, né
gli abitanti di una stella, né gli
abitanti di una goccia d'acqua
con le
nostre orecchie, che ci ingannano perché
ci trasmettono le vibrazioni dell'aria sotto
forma di note sonore. Esse sono delle fate
che compiono il miracolo di trasformare in
rumore questo movimento e, grazie a questa
metamorfosi, danno vita alla musica, che rende
cantante l'agitazione muta della natura
con il nostro odorato, più debole di
quello di un cane
con il nostro gusto,
che riesce a stento a riconoscere l'età
di un vino!
Ah, se avessimo altri organi capaci di compiere
in nostro favore altri miracoli, quante cose
potremmo scoprire ancora intorno a noi!
16 maggio
Sono veramente malato! Stavo così bene
lo scorso mese! Ho la febbre, una febbre atroce,
o meglio un nervosismo febbrile, che rende
la mia anima sofferente quanto il corpo!
Ho senza sosta questa spaventosa sensazione
di un pericolo incombente, questa apprensione
di una disgrazia che viene dalla morte che
si avvicina, questo presentimento che è
senza dubbio la minaccia di un male ancora
sconosciuto, che nasce nel sangue e nella
carne.
18 maggio
Ho appena consultato un medico, poiché
no potevo più dormire. Mi ha trovato
il polso accelerato, l'occhio dilatato, i
nervi tesi, ma senza sintomi allarmanti, come
terapia mi ha prescritto docce e bromuro di
potassio.
25 maggio
Nessun cambiamento. Il mio stato di salute
è veramente bizzarro. Man mano che
si avvicina la sera, mi prende una inquietudine
incomprensibile, come se la notte nascondesse
per me una terribile minaccia. Ceno rapidamente,
poi provo a leggere, ma non capisco le parole,
distinguo a stento le lettere. Allora percorro
il salone in lungo e in largo, oppresso da
una paura confusa ed irresistibile, la paura
del sonno e del letto.
Verso le dieci salgo nella mia stanza. Appena
entrato, chiudo con due mandate la porta e
tiro i chiavistelli; ho paura
di cosa?
Non avevo paura di nulla fino adesso
apro gli armadi, guardo sotto il letto, ascolto
ascolto
cosa? È strano che un
semplice malanno, un problema legato alla
circolazione forse, l'irritazione di qualche
nervo, un po' di congestione, un piccolo disturbo
nel funzionamento imperfetto e delicato della
nostra macchina vivente possano rendere malinconico
il più felice degli uomini e pavido
il più coraggioso? Poi, mi corico ed
aspetto che arrivi il sonno come si aspetta
il boia. Aspetto con lo spavento della sua
venuta ed il mio cuore batte, e le mie gambe
tremano, e tutto il corpo trasale nel calore
delle lenzuola fino al momento in cui d'improvviso
sprofondo nel sonno come ci si tuffa per annegarsi
in un abisso di acqua stagnante. Non lo sento
arrivare, come altre volte, questo sonno perfido,
nascosto accanto a me, che mi spia, che mi
afferra per la testa, mi chiude gli occhi
e mi annienta.
Dormo a lungo - due o tre ore, poi un sogno
- no, un incubo mi afferra. So bene che sono
a letto e dormo
lo sento e lo so
e sento anche che qualcuno si avvicina a me,
mi scruta, mi tocca, sale sul mio letto, si
inginocchia sul mio petto, mi stringe le sue
mani intorno al collo e stringe
stringe
con tutta la sua forza per strangolarmi.
Io mi dibatto, legato da quella impotenza
atroce che ci paralizza nei sogni; vorrei
gridare ma no riesco; vorrei muovermi ma non
riesco. Provo, con sforzi spaventosi, ansimando,
di girarmi, di scalzare quell'essere che mi
schiaccia e che mi soffoca, ma no riesco.
E all'improvviso mi sveglio sconvolto, madido
di sudore. Accendo una candela. Sono solo.
Dopo questa crisi, che si ripete tutte le
notti, dormo, alla fine, con calma fino all'aurora.
2 giugno
Il mio stato di salute si è aggravato
ancora di più. Ma che cosa ho? Il bromuro
non ha sortito alcun effetto; le docce neanche.
Questo pomeriggio, per stancare il mio corpo,
già tanto stanco, sono andato a fare
un giro nella foresta di Roumare. Ho creduto
all'inizio che l'aria fresca, leggera e dolce,
piena di odori di erba e foglie, mi mettesse
in circolo del sangue nuovo, in cuore una
nuova energia. Ho imboccato un grande viale
di caccia, poi ho svoltato verso La Bouille,
per un sentiero stretto, tra due file d'alberi
smisuratamente alti che ponevano un tetto
verde, spesso, quasi nero, tra me ed il cielo.
Un brivido mi ha colto all'improvviso; non
un brivido di freddo, ma uno strano brivido
di angoscia.
Ho affrettato il passo, inquieto all'idea
di essere solo in quel grande bosco, terrorizzato
senza motivo apparente, stupidamente, a causa
della profonda solitudine. Ad un tratto, mi
è parso d'essere seguito da molto vicino,
quasi a toccarmi.
Mi sono voltato bruscamente: ero solo. Ho
visto dietro di me soltanto il viale lungo
e dritto, vuoto, indubbiamente vuoto. Esso
si stendeva anche dall'altra parte a perdita
d'occhio e, allo stesso modo, spaventoso.
Ho chiuso gli occhi. Perché? Mi sono
voltato ancora molto velocemente come una
trottola. Ho rischiato perfino di cadere;
ho riaperto gli occhi e gli alberi danzavano
e la terra ondeggiava. Ho dovuto sedermi.
E poi, ahimè!, non sapevo più
da dove ero venuto.
Che idea bizzarra! Bizzarra davvero! Un'idea
bizzarra! Non sapevo più niente. Mi
sono incamminato dalla parte che si trovava
alla mia destra e sono tornato sul viale che
mi aveva condotto al centro della foresta.
3 giugno
La notte è stata terribile. Mi assenterò
per qualche settimana. Sicuramente un piccolo
viaggio mi rimetterà.
2 luglio
Sono rientrato e sono guarito. D'altronde,
ho fatto un viaggio affascinante. Ho visitato
il Monte Saint-Michel, che non conoscevo.
Che visione quando si arriva, come ho fatto
io, ad Auranche verso il tramonto! La città
si trova su una collina e mi hanno portato
nei giardini pubblici alla fine della città.
Ho gridato di meraviglia. Una baia smisurata
si stendeva davanti a me, a perdita d'occhio,
tra due coste che si divaricavano e che si
perdevano in lontananza nelle nebbie e al
centro di questa immensa baia gialla, sotto
un cielo dorato e chiaro, si stagliava scuro
e appuntito un monte strano, in mezzo alla
sabbia. Il sole stava calando e sull'orizzonte
ancora fiammeggiante si disegnava il profilo
di quella fantastica roccia che reca sulla
sua sommità un meraviglioso monumento.
Dall'aurora andai verso di lui. Il mare era
basso, come la città nella sera, e
guardai innalzarsi davanti a me, man mano
che mi avvicinavo, la sorprendente abbazia.
Dopo diverse ore di cammino, giunsi all'enorme
blocco di pietra che porta alla città
dominata dalla grande chiesa. Essendomi inerpicato
sulla strada stretta e ripida, entrai nella
più ammirevole dimora gotica edificata
per Dio sulla terra, ampia come una città,
colma di sale basse schiacciate da volte ed
altre gallerie che sostengono esili colonne.
Entrai in quel gigantesco gioiello di granito,
leggero come una trina, coperto di torri e
di guglie slanciate, dove giungono delle scale
ritorte che lanciano nel cielo blu del giorno
e nel cielo nero della notte le loro teste
bizzarre irte di chimere, diavoli, bestie
fantastiche, fiori mostruosi, collegati tra
loro da fini archi intarsiati.
Quando arrivai sulla cima, dissi al monaco
che mi accompagnava: "Padre, dovete stare
bene qui!"
Egli rispose: "C'è molto vento,
signore" e ci mettemmo a conversare sulla
marea che correva sulla sabbia e la copriva
con una carezza d'acciaio.
Ed il monaco mi raccontò delle storie,
tutte le vecchie storie legate a quel luogo,
le leggende, sempre leggende.
Una di queste mi colpì particolarmente.
La gente del paese, quella del monte, sostiene
di sentir parlare tra la sabbia nella notte
e poi di sentire belare delle capre, una con
una voce forte ed una con una voce debole.
Gli increduli affermano che sono le grida
degli uccelli marini, che assomigliano talvolta
al belare, talvolta ai lamenti umani, ma i
pescatori che si trattengono fino a tarda
notte giurano di aver incontrato, girando
sulle dune tra le due maree, intorno alla
piccola città così lontana dal
mondo, un pastore, di cui non si vede mai
la testa, coperta dal mantello, che conduce,
camminando davanti a loro, un caprone a forma
d'uomo ed una capra a forma di donna, ambedue
con lunghi capelli bianchi. Questi esseri
parlano senza mai fermarsi, litigando in una
lingua sconosciuta e poi smettendo all'improvviso
di gridare per belare con tutta la loro forza.
Dissi al monaco: "Ci credete?" Egli
mormorò: "Non lo so." Ripresi:
"Se esistessero sulla terra degli esseri
diversi da noi, come non potremmo riconoscerli
dopo tanto tempo? Come potreste non averli
visti voi? Come avrei potuto non riconoscerli
io stesso?" Rispose: "Vediamo per
caso la centomillesima parte di ciò
che esiste? Ad esempio, prendete il vento,
la più grande forza della natura, che
rovescia gli uomini, abbatte gli edifici,
sradica gli alberi, solleva il mare in montagne
d'acqua, distrugge le falesie e getta contro
gli scogli le grandi navi, il vento che uccide,
che soffia, che geme, che muggisce, l'avete
visto e potete vederlo? Eppure esiste".
Tacqui davanti a quel semplice ragionamento.
Quell'uomo era un saggio o forse uno stupido.
Non avrei potuto dirlo, ma tacqui lo stesso.
Quello che egli aveva detto l'avevo pensato
spesso.
3 luglio
Ho dormito male; certo, c'è qui un'influenza
febbrile, perché il mio vetturino ha
il mio stesso male. Rientrando ieri, avevo
notato il suo particolare pallore. Gli ho
domandato:
"Cos'avete, Jean?"
"Ho che non posso più dormire,
signore, le mie notti mangiano i miei giorni.
Dalla vostra partenza, mi trattiene come un
sortilegio."
Gli altri domestici comunque mi sembrano a
posto, ma ho il terrore che questa cosa mi
riprenda.
4 luglio
Sono stato sicuramente riacciuffato. I miei
vecchi incubi sono tornati. Questa notte ho
avvertito qualcuno accovacciato su di me che,
con la sua bocca poggiata sulla mia, bevevo
la mia vita dalle mie labbra. Se ne abbeverava
nella mia gola, come avrebbe fatto una sanguisuga.
Poi si è alzato sazio, ed io mi sono
svegliato talmente afflitto, a pezzi, annientato,
da non potermi muovere. Se continua così,
ripartirò sicuramente.
5 luglio ho perso la ragione? Ciò
che è successo la scorsa notte è
così strano che mi sento smarrito quando
ci penso!
Come faccio adesso ogni sera, avevo chiuso
la porta a chiave, poi, avendo sete, ho bevuto
mezzo bicchiere d'acqua e mi sono accorto
per caso che la caraffa era piena fino al
tappo di cristallo.
Poi sono andato a letto e sono piombato in
uno di quei sogni spaventosi, dal quale sono
stato tratto dopo due ore circa da uno scuotimento
ancora più terrificante.
Immaginate un uomo che dorme, che viene assassinato,
che si sveglia con un coltello piantato nel
polmone e che rantola, coperto di sangue e
che non riesce più a respirare e che
sta per morire e che no capisce: ecco come
mi sono sentito.
Avendo infine riconquistato la ragione, ho
avuto nuovamente sete; ho acceso una candela
e sono andato verso la tavola dove era posta
la caraffa. L'ho sollevata, inclinandola sul
mio bicchiere, ma non ne è uscito nulla.
Era vuota! Completamente vuota! All'inizio
non ho capito nulla, poi, tutto ad un tratto,
ho provato un'emozione così terribile
che ho dovuto sedermi, o piuttosto così
terribile che mi sono lasciato cadere su una
sedia! Poi, mi sono alzato di scatto per guardarmi
intorno! Mi sono seduto di nuovo, sperduto
di stupore e di paura, davanti al cristallo
trasparente! L'ho contemplato con gli occhi
fissi, provando ad indovinare. Mi tremavano
le mani! Qualcuno aveva bevuto quell'acqua?
Chi? Io? Sicuramente io? Nessun altro che
me? allora ero sonnambulo, vivevo, senza saperlo,
in questa doppia vita misteriosa che fa dubitare
se non ci siano due esseri in sé o
se un essere straniero, sconosciuto ed invisibile,
anima, a momenti, quando l'anima è
intorpidita, il corpo un prigioniero obbedisce
a quest'altro come fa con noi, anzi più
di noi.
Ah! Chi capirà la mia angoscia abominevole?
Chi capirà l'emozione di un uomo senza
spirito, ben sveglio, nel pieno delle sue
facoltà mentali, che guarda spaventato
attraverso una caraffa, un po' d'acqua sparita
mentre dormiva? E sono rimasto lì fino
a giorno fatto, senza osare ritornare a letto.
6 luglio
Sto diventando pazzo. Qualcuno ha bevuto nuovamente
tutta l'acqua dalla caraffa questa notte.
O piuttosto IO l'ho bevuta! Ma sono veramente
io a berla? Sono io? Chi è allora?
Chi? Oh mio Dio! Sto diventando pazzo! Chi
mi salverà?
10 luglio
Ho appena finito di fare delle prove sorprendenti.
Sono sicuramente passo! Eppure
Il 6 luglio, prima di andare a letto, ho messo
sul tavolo del vino, del latte, dell'acqua,
del pane e delle fragole.
Qualcuno ha bevuto - io ho bevuto - tutta
l'acqua e un po' di latte. Né il vino,
né il pane, né le fragole sono
stati toccati.
Il 7 luglio ho fatto di nuovo la mia prova
ed ho avuto lo stesso risultato.
L'8 luglio ho tolto sia l'acqua che il latte.
Non è stato toccato niente.
Infine il 9 luglio ho rimesso sul tavolo solo
l'acqua ed il latte, avendo cura di avvolgere
le caraffe in panni di mussolina bianca e
di legare i tappi con dello spago. Poi hop
sfregato le labbra, la barba, le mani con
della grafite e sono andato a letto.
Il sonno invincibile mi ha colto, seguito
ben presto dall'atroce risveglio. Non mi ero
affatto mosso; né le lenzuola recavano
macchie. Mi sono lanciato verso la tavola.
I panni intorno alle bottiglie erano immacolate.
Ho slegatole corde, palpitando di terrore.
L'acqua era stata bevuta tutta! E anche il
latte! Oh Dio!...
Parto immediatamente per Parigi.
12 luglio
Parigi. Avevo perso la testa, allora, negli
ultimi giorni! Devo essere stato il giocattolo
della mia immaginazione eccitata, a meno che
non sia veramente sonnambulo, o che abbia
subito una delle mie influenze documentate
ma tuttora inspiegabili che si chiamano suggestioni.
In ogni caso, il panico che mi ha colto mi
ha portato alla demenza, ma mi sono bastate
24 ore a Parigi per rimettermi in sesto. Ieri,
dopo delle gite e delle visite, che mi hanno
posto in animo dell'aria nuova e vivificante,
ho terminato la mia serata al Théâtre-Français.
Vi si rappresentava un'opera di Alexandre
Dumas figlio e questo spirito pronto e potente
è riuscito a guarirmi. Certo, la solitudine
è pericolosa per le intelligenze che
lavorano. C'è bisogno, intorno a noi,
di gente che pensa e che parla. Quando restiamo
soli per troppo tempo, popoliamo la vita di
fantasmi.
Sono tornato all'albergo molto felice attraverso
i boulevard. A contatto con la folla pensavo,
non senza ironia, alle mie fobie, alle mie
supposizioni della scorsa settimana, poiché
ho creduto, sì, ho creduto che un essere
invisibile abitasse sotto il mio tetto. Come
è debole la nostra mente e quanto si
sconvolge e si smarrisce quando un piccolo
evento inspiegabile ci colpisce.
Invece di concludere con queste semplici parole:
"Non capisco perché la causa mi
sfugge" immaginiamo subito dei misteri
spaventosi e delle potenze soprannaturali.
14 luglio
Festa della Repubblica. Ho passeggiato per
le strade. I petardi e le bandiere mi divertivano
come un bambino. Eppure è da veri idioti
essere felici in un giorno fisso, per decreto
del governo. Il popolo è formato da
un branco di imbecilli, a volte stupidamente
pazienti, altre volte ferocemente riottosi.
Se dicono loro "Divertitevi" essi
si divertono, se dicono "Combattete con
il vostro vicino", essi combattono, se
dicono "Votate per l'imperatore"
essi votano per l'imperatore, poi dicono loro
"Votate per la Repubblica" ed essi
votano per la Repubblica.
Coloro che li comandano sono ugualmente stupidi,
ma invece di obbedire a degli uomini, obbediscono
a dei principi, i quali non possono che essere
sciocchi, sterili e falsi, proprio perché
sono dei principi, cioè delle idee
considerate certe ed immutabili, in questo
mondo in cui non si è sicuri di niente,
poiché la luce è un'illusione
ed il rumore anche.
16 luglio
Ho visto ieri delle cose che mi hanno turbato
parecchio.
Ho cenato con mia cugina, M.me Sablé,
il cui marito comanda il 76° cacciatori
a Limoges. Mi trovavo a casa sua con altre
due donne, di cui una ha sposato un medico,
il dottor Parent, che si occupa di malattie
nervose e di manifestazioni straordinarie
a cui danno luogo in questo momento le esperienze
sull'ipnotismo e la suggestione.
Ci ha descritto a lungo i risultati prodigiosi
ottenuti da alcuni scienziati inglesi e da
certi medici della scuola di Nancy.
I fatti che ha raccontato mi sono parsi talmente
bizzarri che mi sono dichiarato completamente
incredulo.
"Noi stiamo per scoprire - ha detto -uno
dei più importanti segreti della natura,
cioè uno dei suoi più importanti
segreti su questa terra, poiché essa
ne ha altri ugualmente importanti laggiù
tra le stelle. Da quando l'uomo è in
grado di pensare, da quando ha imparato a
parlare e a scrivere ciò che pensa,
si sente sfiorare da un mistero impenetrabile
per i suoi sensi grossolani ed imperfetti
e tenta di supplire, sforzando la sua intelligenza,
all'impotenza dei suoi organi. Quando questa
intelligenza era ancora in uno stato rudimentale,
questa ossessione dei fenomeni invisibili
ha preso forme banalmente spaventose. Da lì
sono nate le credenze popolari riguardo al
soprannaturale, le leggende degli spiriti
erranti, delle fate, degli gnomi, dei fantasmi,
direi perfino la leggenda di Dio, poiché
le nostre concezioni del creatore, da qualsiasi
religione provengano, sono veramente le invenzioni
più mediocri, più stupide, più
inaccettabili partorite dal cervello spaventato
delle creature. Niente è più
vero delle parole di Voltaire: "Dio ha
fatto l'uomo a sua immagine, ma l'uomo gliel'ha
restituita bene".
"Ma da poco più di un secolo sembra
che si veda qualcosa di nuovo. Mesmer e qualche
altro ci hanno posto su una strada inattesa
e noi siamo veramente arrivati, soprattutto
da quattro o cinque anni a questa parte, a
risultati sorprendenti."
Mia cugina, anche lei molto scettica, sorrideva.
Il dottor Parent le ha detto:
"Volete che provi ad addormentarvi, signora?"
"Oh si." Si è seduta in poltrona
e il dottore ha cominciato a guardarla fissa
incantandola. Io mi sono sentito all'improvviso
leggermente turbato, il cuore che batteva,
la gola serrata. Vedevo gli occhi di M.me
Sablé appesantirsi, la bocca contrarsi,
il petto ansimare.
Nel giro di dieci minuti dormiva.
"Mettetevi dietro di lei" ha detto
il medico. E mi sono seduto dietro di lei.
Il dottore ha messo tra le sue mani un biglietto
da visita dicendole: "Questo è
uno specchio; cosa ci vedete?"
Ha risposto: "Vedo mio cugino."
"Cosa fa?"
"Si liscia i baffi."
"Ed ora?"
"Prende una fotografia dalla tasca."
"Che fotografia è?"
"Una fotografia sua." Era vero!
E quella fotografia mi era stata appena data,
la sera stessa all'albergo.
"In che posizione è in questa
fotografia?"
"In piedi con il cappello in mano."
Quindi lei vedeva in quel biglietto, in quel
cartoncino bianco, come se avesse guardato
in uno specchio.
Le donne, spaventate, dicevano: "Basta!
Basta! Basta!"
Ma il dottore ha ordinato: "Domani mattina
vi sveglierete alle otto, poi andrete a trovare
vostro cugino al suo albergo e lo supplicherete
di prestarvi 5000 franchi che vostro marito
vi chiede e reclamerà al suo prossimo
viaggio."
Poi l'ha risvegliata.
Mentre rientravo all'albergo, ho pensato a
lungo a quella curiosa seduta e dei dubbi
mi hanno assalito, non sull'assoluta ed insospettabile
buona fede di mia cugina, che conosco come
una sorella dall'infanzia, ma su un possibile
inganno del dottore. Non nascondeva per caso
nella sua mano uno specchio che mostrava alla
giovane donna addormentata insieme al biglietto
da visita? I prestigiatori di professione
fanno delle cose ugualmente singolari.
Sono rientrato e mi sono messo a letto.
Quel mattino, verso le otto e mezza, sono
stato risvegliato dal mio attendente di camera
che mi ha detto: "È M.me Sablé
che chiede di parlare con voi immediatamente."
Mi sono vestito alla svelta e l'ho ricevuta.
Si è seduta assai turbata, gli occhi
bassi, e, senza alzare il velo, mi ha detto:
"Mio caro cugino, ho un grosso favore
da chiedervi."
"Quale, cugina mia?"
"Mi dà molto disagio dirvelo e
tuttavia devo. Ho assolutamente bisogno di
5000 franchi."
"Suvvia, voi?"
"Si, io. O piuttosto, mio marito, che
mi ha incaricato di trovarli."
Ero talmente stupefatto che ho balbettato
le risposte. Mi chiedevo se veramente non
si stesse prendendo gioco di me insieme con
il Dottor Parent, se quella non fosse che
una farsa preparata in anticipo e molto ben
recitata.
Ma, guardandola con attenzione, tutti i miei
dubbi si sono dissipati. Tremava d'angoscia,
tanto le era stata dolorosa questa visita
e ho capito subito che aveva la gola piena
di singhiozzi. Io sapevo che era molto ricca
e ho detto: "Come? Vostro marito non
ha 5000 franchi a sua disposizione? Vediamo,
riflettete
Siete sicura che vi abbia
incaricato di chiedermeli?"
Ha esitato qualche secondo come se facesse
un grande sforzo per cercare nella sua memoria,
poi ha risposto: "Si
si
sono
sicura."
"Vi ha scritto?"
Ha esitato ancora, riflettendo. Ho indovinato
il lavoro torturante del suo pensiero. Non
lo sapeva. Sapeva solo che doveva farsi prestare
5000 franchi per il marito. Allora ha osato
mentire.
"Si, mi ha scritto."
"E quando? Non mi avete detto niente
ieri."
"Ho ricevuto la lettera questa mattina."
"Me la potete mostrare?"
"No
no
no
conteneva
delle cose intime
troppo personali
l'ho
l'ho bruciata."
"Allora vostro marito ha fatto dei debiti."
Ha esitato ancora, poi ha mormorato: "Non
lo so."
Ho dichiarato bruscamente: "Il fatto
è che non ho al momento 5000 franchi,
mia cara cugina."
Le è sfuggito un grido di sofferenza.
"Oh, vi prego, vi prego, trovateli
"
Si esaltava, giungeva le mani come se mi stesse
pregando! Ascoltavo la sua voce cambiare di
tono, piangeva e balbettava, tormentata, dominata
dall'ordine irresistibile che aveva ricevuto.
"Oh, vi supplico
se solo sapeste
come soffro
mi servono oggi." Ho
avuto pietà di lei.
"Li avrete ve lo giuro."
Così ha gridato: "Oh, grazie!
Grazie! Siete molto buono."
Ho ripreso: "Vi ricordate cosa è
successo ieri a casa vostra?"
"Si."
"Vi ricordate che il Dottor Parent vi
ha addormentata?"
"Si."
"Ebbene, vi ha ordinato di venire a chiedere
in prestito questa mattina 5000 franchi e
voi ora obbedite a quella suggestione."
Ha riflettuto un momento e ha risposto: "Perché
è mio marito che lo chiede."
Per un'ora ho provato a convincerla, ma non
ci sono riuscito. Quando è andata via,
sono corso dal dottore. Stava per uscire e
mi ha ascoltato sorridendo. Poi ha detto:
"Ci credete ora?"
"Si, per forza."
"Andiamo dalla vostra parente."
Lei sonnecchiava già su una chaise-longue,
sopraffatta dalla stanchezza. Il medico le
ha preso il polso, l'ha guardata per un po'
con una mano alzata verso i suoi occhi, che
lei ha richiuso poco a poco sotto lo sforzo
insostenibile di quella potenza magnetica.
Quando è stata addormentata il dottore
ha detto:
"Vostro marito non ha più bisogno
dei 5000 franchi. Dimenticherete quindi di
aver pregato vostro cugino di prestarveli
e, se lui dovesse parlarvene, non comprenderete
ciò che dice." Poi l'ha svegliata.
Ho preso dalla tasca il mio portafogli:
"Ecco mia cara cugina ciò che
mi avete chiesto questa mattina." È
stata talmente sorpresa che non ho osato insistere.
Ho provato tuttavia a farle ricordare, ma
ha negato con forza, ha creduto perfino che
la prendessi in giro e per poco, alla fine,
non si è arrabbiata.
Ecco, sono appena rientrato e non ho potuto
cenare tanto questa esperienza mi ha sconvolto.
19 luglio
Molte persone, alle quali ho raccontato questa
avventura, mi hanno preso in giro. Non so
più cosa pensare. Il saggio dice: può
essere?
21 luglio
Sono andato a cena a Bougival, poi ho trascorso
la serata al ballo dei canottieri. Sicuramente
tutto dipende dai luoghi e dagli ambienti.
Credere al sovrannaturale nell'isola della
Grenouillère sarebbe il colmo della
follia
ma sulla cime del Monte Saint-Michel?
E nelle Indie? Noi subiamo spaventosamente
l'influenza di ciò che ci è
intorno. Tornerò a casa la settimana
prossima.
30 luglio
Sono tornato a casa ieri. Tutto va bene.
2 agosto
Niente di nuovo; c'è un tempo splendido.
Passo le giornate a guardare la Senna che
scorre.
4 agosto
Scaramucce tra i miei domestici. Sostengono
che qualcuno rompa i bicchieri nei mobili
durante la notte. L'attendente di camera accusa
la cuoca, che accusa la donna della biancheria,
che accusa gli altri due. Chi è il
colpevole? Bravo chi lo sa!
6 agosto
Questa volta non sono pazzo. L'ho visto
l'ho visto
l'ho visto!
Non posso
più dubitarne
l'ho visto!
ho ancora i brividi fino alle unghie
ho ancora paura fino nel midollo
l'ho
visto!
Passeggiavo alle due in pieno sole nel roseto
nei viali dei roseti d'autunno che cominciano
a fiorire.
Appena mi sono fermato a guardare un "gigante
delle battaglie", che aveva tre fiori
magnifici, ho visto, ho visto distintamente,
proprio accanto a me, piegarsi il gambo di
una di queste rose, come se una mano invisibile
l'avesse torto, poi l'ho visto rompersi, come
se quella mano l'avesse colto! Poi il fiore
si è sollevato, seguendo una curva
che avrebbe descritto un braccio portandola
alla bocca ed è rimasta sospesa nell'aria
trasparente, da sola, immobile, macchia rossa
spaventosa a tre passi dai miei occhi.
Sconvolto, mi sono gettato su di lei per afferrarla!
Non ho trovato niente, era sparita. Allora
sono stato preso da una collera furiosa contro
me stesso, poiché non è permesso
ad un uomo ragionevole e serio avere simili
allucinazioni.
Ma era veramente un'allucinazione? Sono ritornato
per cercare il gambo e l'ho trovato immediatamente
sull'arbusto, tagliato di fresco tra le due
altre rose rimaste sul cespuglio.
Allora sono rientrato a casa con l'animo sconvolto,
poiché sono certo adesso, certo come
dell'alternanza dei giorni e delle notti,
che esiste accanto a me un essere invisibile
che si nutre di latte ed acqua, che può
toccare le cose, può prenderle e cambiar
loro di posto, dotato quindi di una natura
materiale, assolutamente impercettibile ai
nostri sensi, e che abita come me sotto il
mio tetto
7 agosto
Ho dormito tranquillo. Lui ha bevuto l'acqua
dalla mia caraffa, ma non ha assolutamente
turbato il mio sonno.
Mi chiedo se sono diventato pazzo. Passeggiando
sia sotto il sole cocente, sia lungo il fiume,
mi sono venuti dei dubbi sulla mia ragione,
non dei dubbi vaghi come li avevo avuti finora,
bensì dei dubbi precisi, assoluti.
Ho visto dei folli; ne ho conosciuto alcuni
che restavano intelligenti, ludici, sagaci
anche su tutte le cose della vita, tranne
che per un punto. Parlavano di tutto con chiarezza,
con duttilità, con profondità
e all'improvviso il loro pensiero, toccando
lo scoglio della loro follia, vi si riduceva
in mille pezzi, che si sparpagliavano e sprofondavano
in quell'oceano spaventoso e furioso, pieno
di onde saltellanti, di nebbie, di burrasche
che si chiama "demenza".
Certo, mi crederei folle, completamente folle,
se non fossi cosciente, se non conoscessi
perfettamente il mio stato, se non lo sondassi
analizzandolo con completa lucidità.
Alla fine, quindi, non sarei altro che un
allucinato capace di ragionare. Un turbamento
sconosciuto sarebbe capitato al mio cervello,
uno di quei disturbi che i fisiologi cercano
oggigiorno di annotare e di precisare, e questo
disturbo avrebbe determinato nel mio animo,
nell'ordine e nella logica delle mie idee,
un crepaccio profondo. Dei fenomeni simili
si verificano nei sogni che ci conducono attraverso
le fantasmagorie più inverosimili,
senza che ne siamo sorpresi perché
l'apparato verificatore, il senso del controllo,
è addormentato, mentre la facoltà
immaginativa veglia e lavora. Non potrebbe
essere che un impercettibile tasto del pianoforte
cerebrale in me è paralizzato? Alcuni
uomini, dopo degli incidenti, perdono la memoria
dei nomi propri o dei verbi o delle cifre
o soltanto delle date. Le localizzazioni di
tutti i frammenti del pensiero sono oggi provati.
Ora, che ci sarebbe di sorprendente che la
mia facoltà di controllare l'irrealtà
di alcune allucinazioni si trovi intorpidita
in questo momento?
Pensavo a tutto questo mentre seguivo il corso
d'acqua. Il sole copriva di luce il fiume,
rendeva la terra deliziosa, riempiva il mio
sguardo d'amore per la vita, per le rondini,
la cui agilità è una gioia per
i miei occhi, per le erbe della riva, il cui
fremito è felicità per le miei
orecchie.
Poco a poco, tuttavia, un malessere inspiegabile
mi ha avvolto. Mi è sembrato che una
forza occulta mi intorpidisse, mi fermasse,
mi impedisse di andare più lontano,
mi richiamasse indietro. Ho provato quel bisogno
doloroso di rientrare che ci opprime quando
si è lasciato a casa una persona ammalata
che si ama e di cui si presagisce un aggravamento
della malattia.
Quindi, sono tornato malgrado me stesso, sicuro
di trovare, a casa, una cattiva notizia, una
lettera o un dispaccio. Non c'era nulla e
sono rimasto più sorpreso e più
inquieto che se avessi avuto di nuovo qualche
visione fantastica.
8 agosto
Ho passato ieri una serata terrificante. Non
si manifesta più, ma io lo sento accanto
a me, che mi spia, mi guarda, mi penetra,
mi domina ed è più temibile
adesso, che si nasconde così, che se
mi facesse scorgere, tramite fenomeni soprannaturali,
la sua presenza invisibile e costante.
Eppure nonostante tutto ho dormito.
9 agosto
Niente, ma ho paura.
10 agosto
Niente; cosa succederà domani?
11 agosto
Ancora niente; non posso più restare
a casa con questa paura e questo pensiero
che mi sono entrati nell'anima. Partirò.
12 agosto, 10 di sera
Tutto il giorno ho provato ad andarmene, ma
non ci sono riuscito. Ho voluto compiere questo
atto di libertà così facile,
uscire, salire in carrozza per andare a Rouen,
ma non ci sono riuscito. Perché?
13 agosto
Quando si è preda di alcune malattie,
tutte le risorse dell'essere fisico sembrano
essere spezzate, tutte le energie annientate,
tutti i muscoli rilassati, le ossa divenute
molli come la carne e la carne liquida come
l'acqua. Avverto tutto ciò nel mio
essere morale in un modo strano e desolante.
Non ho più forze, né coraggio,
né dominio su me stesso, né
alcun potere di mettere in moto la mia volontà.
Non riesco più a esprimere il mio volere;
qualcun altro lo esercita per me ed io obbedisco.
14 agosto
Sono perduto! Qualcuno possiede la mia anima
e la governa! Qualcuno ordina tutte le mie
azioni, i movimenti, i pensieri. Non sono
più niente, nient'altro che uno spettatore
schiavo e terrorizzato di qualsiasi cosa che
compio. Desidero uscire, ma non posso. Egli
non vuole, ed io rimango, perduto, tremante,
in poltrona, dove mi tiene seduto. Desidero
soltanto alzarmi, per credermi ancora padrone
di me stesso. Non posso! Sono inchiodato alla
mia sedia e la mia sedia aderisce al suolo
in una maniera tale che nessuna forza potrebbe
mai sollevarla.
Poi, tutt'ad un tratto, c'è il bisogno
assoluto che vada in fondo al giardino a cogliere
delle fragole e a mangiarle. Ed io ci vado,
colgo le fragole e le mangio. Oh, mio Dio!
Mio Dio! Mio Dio! È un Dio? Se lo è,
liberatemi, salvatemi! Venite in mio soccorso!
Perdono! Pietà! Grazia! Salvatemi!
Che sofferenza, che tortura, che orrore!!
15 agosto
Certo, ecco come era posseduta e dominata
la mia povera cugina quando è venuta
a chiedermi in prestito 5000 franchi. Ella
subiva una volontà straniera entrata
in lei, come un'altra anima, un'altra anima
parassita e dominatrice. Il mondo sta per
finire?
Ma colui che mi governa, cos'è? Cos'è
questo essere invisibile? Cos'è questo
essere sconosciuto, vagabondo di una razza
soprannaturale?
Quindi gli esseri soprannaturali esistono!
E allora come mai dall'origine del mondo non
si sono ancora manifestati in maniera precisa
come fanno con me? Non ho mai letto nulla
che somigli a ciò che sta succedendo
a casa mia. Ah, se potessi lasciarla, se potessi
andarmene, fuggire e non tornare più.
Sarei salvo, ma non ci riesco.
16 agosto
Sono riuscito a scappare oggi per due ore,
come un prigioniero che trova aperta, per
caso, la porta della sua cella. Ho sentito
che ero libero tutt'ad un tratto e che lui
era lontano. Ho ordinato di preparare i cavalli
rapidamente e sono partito alla volta di Rouen.
Che gioia poter dire ad un uomo che obbedisce:
"Andiamo a Rouen!"
Mi sono fatto fermare davanti alla biblioteca
e ho pregato che mi prestassero il grande
trattato del dottor Hermann Herestauss sugli
abitanti sconosciuti del mondo antico e moderno.
Poi, al momento di risalire nella carrozza,
volevo dire: "Alla stazione!" ed
ho gridato (non detto, gridato), con una voce
così forte che i passanti si sono girati:
"A casa". Quindi sono caduto, sconvolto
dall'angoscia, sul cuscino della vettura.
L'essere mi aveva ritrovato e ripreso.
17 agosto
Che notte! Che notte! Eppure mi sembra che
invece dovrei esserne contento! Fino all'una
del mattino ho letto. Hermann Herestauss,
dottore in filosofia e teogonia, ha scritto
la storia e le manifestazioni di tutti gli
esseri invisibili che vagano nel mondo o sognati
da lui. Ha descritto le loro origini, il loro
dominio, la loro potenza. Ma nessuno di essi
somiglia a quello che mi ossessiona. Si direbbe
che l'uomo, da quando è in grado di
pensare, ha presentito e dubitato l'esistenza
di un essere nuovo, più forte di lui,
il suo successore in questo mondo, e che,
sentendolo vicino e non potendo prevedere
la natura di questo padrone, ha creato, nel
suo terrore, tutto il popolo fantastico degli
essere occulti, fantasmi indefiniti nati dalla
paura.
Quindi, avendo letto fino all'una del mattino,
sono andato a sedermi accanto alla finestra
aperta per rinfrescare la fronte ed il pensiero
al vento tranquillo dell'oscurità.
Era bel tempo, una temperatura tiepida. Quanto
avrei amato quella notte in altri tempi!
Non c'era luna. Le stelle avevano sul fondo
del cielo nero degli scintillii frementi.
Chi abita quei mondi? Quali forme, quali esseri
viventi, quali animali, quali piante si trovano
laggiù? Coloro che pensano negli universi
lontani, cosa sanno più di noi? Cosa
possono fare più di noi? Cosa vedono
che noi non conosciamo affatto? Uno di essi,
un giorno o l'altro, attraversando lo spazio,
non apparirà sulla nostra terra per
conquistarla, come i Normanni un tempo attraversavano
il mare per assoggettare popoli più
deboli?
Noi siamo così infermi, deboli, ignoranti,
piccoli, su questo granello di fango che gira
disciolto in una goccia d'acqua.
Mi sono addormentato così, sognando
al vento fresco della sera.
Ora, dopo aver dormito circa quaranta minuti,
ho riaperto gli occhi senza fare alcun movimento,
risvegliato da una certa emozione confusa
e bizzarra.
All'inizio non ho visto niente, poi, tutt'ad
un tratto mi è sembrato che una pagina
del libro rimasto aperto sul mio tavolo si
fosse appena girata da sola. Nessun soffio
d'aria era entrato dalla finestra. Sono rimasto
sorpreso ed ho aspettato. Nel giro di quattro
minuti circa ho visto, sì, ho visto
con i miei occhi un'altra pagina sollevarsi
ed abbattersi sulla precedente, come se un
dito l'avesse sfogliata. La mia poltrona era
vuota, sembrava vuota; ma ho capito che lui
era là, seduto al mio posto, che leggeva.
Con un balzo furioso, il balzo di una bestia
ribelle, che vuole sventrare il suo domatore,
ho attraversato tutta la stanza per afferrarlo,
per stringerlo, per ucciderlo
ma la
poltrona, prima che la raggiungessi, si è
ribaltata come se lui fosse fuggito davanti
a me
la tavola ha oscillato, la lampada
è caduta e si è spenta e la
finestra si è chiusa come se un delinquente
sorpreso si fosse lanciato nella notte, chiudendo
dietro di sé a mani aperte i battenti.
Quindi, si è salvato; aveva paura,
paura dei me
lui!
Allora
allora
domani o dopodomani
o un giorno qualunque potrò tenerlo
sotto i miei pugni sul pavimento! Non capita,
infatti, che i cani qualche volta mordano
o strangolino i loro padroni?
18 agosto
Ci ho pensato tutto il giorno. Oh, gli obbedirò,
seguirò i suoi impulsi, compirò
tutte le sue volontà, mi umilierò,
vile sottomesso. È più forte.
Ma il momento verrà
19 agosto
Lo so, lo so
so tutto! L'ho appena letto
nella "Rivista del Mondo Scientifico":
"Una notizia piuttosto curiosa ci arriva
da Rio de Janeiro. Una follia, un'epidemia
di follia, paragonabile alle demenze contagiose
che colpirono i popoli europei durante il
Medioevo, imperversa in questo momento nella
provincia di San Paolo. Gli abitanti sconvolti
lasciano le loro case, si allontanano dai
loro villaggi, abbandonano le loro culture
e si dicono inseguiti, posseduti, governati
come del bestiame umano da esseri invisibili
ma tangibili, una sorta di vampiri che si
nutrono della loro vita durante il sonno e
che bevono inoltre acqua e latte senza toccare
alcun altro alimento.
Il Professor Don Pedro Henriquez, accompagnato
da diversi medici scienziati, è partito
per la provincia di San Paolo per studiare
sul posto le origini e le manifestazioni di
questa sorprendente follia e per proporre
all'Imperatore le misure che gli sembreranno
più consone a richiamare alla ragione
quelle popolazioni in delirio."
Ah, ora mi ricordo
mi ricordo il bel
tre-alberi brasiliano che passò sotto
le mie finestre risalendo la Senna l'8 maggio
scorso! Lo trovavo così bello, così
bianco, così allegro! L'Essere era
su quel battello, proveniente da laggiù
dove la sua razza è nata. E mi ha visto!
Ha visto la mia casa anch'essa bianca ed è
saltato dal battello sulla riva. Oh, mio Dio!
Ora so, indovino. Il regno dell'uomo è
finito.
È venuto, Colui che i primi terrori
dei popoli semplici temevano, Colui che i
preti inquieti esorcizzavano, che gli stregoni
evocavano nelle notti scure, senza vederlo
ancora apparire, Colui al quale i presentimenti
dei maestri passeggeri del mondo prestarono
tutte le forme mostruose o graziose di gnomi,
spiriti, geni, fate, folletti. Dopo i concetti
grossolani dello spavento primitivo, uomini
più perspicaci l'hanno presentito chiaramente.
Mesmer l'aveva indovinato ed i medici, già
da dieci anni, hanno scoperto, in maniera
precisa, la natura della sua potenza prima
che l'avesse esercitata egli stesso. Hanno
giocato con quest'arma del nuovo Signore,
il dominio di una misteriosa volontà
sull'anima umana divenuta schiava. Lo hanno
chiamato magnetismo, ipnotismo, suggestione
che ne so? Li ho visti divertirsi come dei
bambini imprudenti con quella terribile potenza.
Accidenti a noi! Accidenti all'uomo! È
arrivato, il
il
come si chiama
il
mi sembra che mi gridi il suo nome
ma io non sento
il
si
lo
grida
Ascolto
non riesco
ripete
Horla
ho sentito
l'Horla
è lui
l'Horla
è venuto!
Ah, l'avvoltoio ha mangiato la colomba, il
lupo ha mangiato il montone, il leone ha divorato
il bufalo dalle corna appuntite; l'uomo ha
ucciso il leone con la freccia, con la spada,
con la polvere, ma l'Horla farà dell'uomo
ciò che noi abbiamo fatto del cavallo
e del bue: una sua proprietà, il suo
servitore ed il suo cibo, attraverso la sola
potenza della sua volontà. Accidenti
a noi!
Eppure, talvolta l'animale si rivolta ed uccide
chi l'ha domato
anch'io voglio
potrò
ma bisognerebbe conoscerlo,
toccarlo, vederlo! Gli scienziati dicono che
l'occhio degli animali, è diverso dal
nostro, non distingue come l'occhio umano
ed il mio occhio non riesce a distinguere
il nuovo venuto che mi opprime.
Perché? Oh, mi ricordo adesso le parole
del monaco di Monte Saint-Michel: "Vediamo
per caso la centomillesima parte di ciò
che esiste? Ad esempio, prendete il vento,
la più grande forza della natura, che
rovescia gli uomini, abbatte gli edifici,
sradica gli alberi, solleva il mare in montagne
d'acqua, distrugge le falesie e getta contro
gli scogli le grandi navi, il vento che uccide,
che soffia, che geme, che muggisce, l'avete
visto e potete vederlo? Eppure esiste".
E pensavo ancora: i miei occhi sono così
deboli, così imperfetti, che non distinguono
nemmeno i corpi solidi trasparenti come il
vetro!
Se del ghiaccio senza macchie
sbarra il mio cammino, ci vado contro come
l'uccello entrato in una stanza si rompe la
testa contro i vetri. Mille cose ancora li
ingannano e li smarriscono? Cosa c'è
allora di così sconvolgente nel fatto
che non sappia percepire un corpo nuovo che
la luce attraversa?
Un essere nuovo! Perché no? Doveva
sicuramente arrivare! Perché dovremmo
essere gli ultimi? Noi non lo distinguiamo
così come tutti quelli che sono stati
creati prima di noi? Il fatto è che
la sua natura è più perfetta,
il suo corpo più fine e più
completo del nostro, e che il nostro corpo
è invece così debole, così
maldestramente concepito, ingombro di organi
sempre affaticati, sempre costretti come delle
molle troppo complesse. Vive come una pianta
e come un'animale, nutrendosi penosamente
d'aria, di erba e di carne, macchina animale
preda delle malattie, delle deformazioni,
delle putrefazioni, pesante, mal regolato,
ingenuo e bizzarro, ingegnosamente fatto male,
opera grossolana e delicata, abbozzo di essere
che potrebbe divenire intelligente e magnifico.
Noi siamo poca cosa, così poco in questo
mondo, dall'ostrica all'uomo. Perché
non uno in più, una volta completato
il periodo che separa le apparizioni successive
di tutte le specie diverse?
Perché non uno in più? Perché
non altri alberi dai fiori immensi, eclatanti
e profumati di intere regioni? Perché
non altri elementi diversi da fuoco, aria,
terra e acqua? Sono quattro, solo quattro,
questi padri che nutrono gli esseri! Che peccato!
Perché non sono invece quaranta, quattrocento,
quattromila! Quanto è povero, meschino,
miserabile tutto questo! Avaramente donato,
bruscamente inventato, pesantemente creato!
Ah, l'elefante, l'ippopotamo, che grazia!
Il cammello, che eleganza!
E cosa direste della farfalla? Un fiore che
vola. Ne sogno una grande quanto cento universi,
con delle ali di cui non riesco neanche ad
esprimere la forma, la bellezza, il colore
ed il movimento. Ma la vedo
va di stella
in stella rinfrescandole e profumandole nel
soffio armonioso e leggero della sua corsa!...
Ed i popoli di lassù la guardano passare,
estasiati e rapiti!
Che ho quindi? È lui, l'Horla, che
mi ossessiona, che mi fa pensare a queste
follie! Egli è in me, diventa la mia
anima; lo ucciderò!
19 agosto
Lo ucciderò! L'ho visto! Mi sono seduto
ieri sera a tavola e ho fatto finta di scrivere
con grande attenzione. Sapevo bene che sarebbe
venuto a gironzolare attorno a me, molto da
vicino, così vicino che avrei potuto
toccarlo, afferrarlo? E allora
allora
avrei avuto la forza dei disperati; avrei
avuto le mani, le ginocchia, il petto, la
fronte, i denti per strangolarlo, schiacciarlo,
morderlo, farlo a pezzi.
E lo spiavo con tutti gli organi sovreccitati.
Avevo acceso le due lampade e le otto bugie
del camino, come se avessi potuto, in quella
luce, scoprirlo.
Davanti a me, il mio letto, un vecchio letto
di quercia a colonne, a destra il camino,
a sinistra la porta chiusa con cura, dopo
averla lasciata aperta per tanto tempo, apposta
per attirarlo, dietro di me, un armadio a
specchi molto alto, che mi serviva ogni giorno
per radermi, per vestirmi e dove ero solito
rimirarmi dalla testa ai piedi, ogni volta
che ci passavo davanti.
Quindi, facevo finta di scrivere per ingannarlo,
poiché anch'egli mi spiava, ed all'improvviso
l'ho sentito, ero sicuro che leggesse al di
sopra della mia spalla, che era là,
che mi sfiorava l'orecchio.
Mi sono alzato, con le mani tese, e mi sono
girato così velocemente che ho rischiato
di cadere. Ebbene
ci si vedeva come
in pieno giorno ed io non mi sono visto allo
specchio! Era vuoto, chiaro, profondo, pieno
di luce! La mia immagine non c'era dentro
eppure io vi ero davanti! Vedevo il grande
vetro limpido dall'alto in basso e lo guardavo
con occhi sconvolti e non osavo più
andare avanti, fare un movimento, avvertendo
bene che lui era là, ma mi sarebbe
scappato ancora, lui, il cui corpo impercettibile
aveva divorato il mio riflesso.
Quanta paura ho avuto! Poi ecco che tutt'ad
un tratto ho cominciato a scorgermi in una
nebbia, in fondo allo specchio, una nebbia
come attraverso uno strato d'acqua. E mi sembrava
che quell'acqua scivolasse da sinistra a destra,
lentamente, rendendo la mia immagine più
precisa ad ogni secondo che passava. Era come
la fine di un'eclissi. Colui che mi nascondeva
non sembrava avere dei contorni netti, ma
una sorta di trasparenza opaca che si rischiarava
poco a poco.
Alla fine sono riuscito a distinguere me stesso
completamente, come faccio ogni giorno specchiandomi.
L'avevo visto! Lo spavento mi è rimasto
e mi fa ancora rabbrividire.
20 agosto
Ucciderlo
come? Visto che non riesco
ad acchiapparlo
il veleno? Mi vedrebbe
mescolarlo all'acqua; e inoltre, i nostri
veleni avrebbero effetto sul suo corpo impercettibile?
No, no, senza dubbio. Allora? Allora?
21 agosto
Ho fatto venire un fabbro ferraio da Rouen
e gli ho commissionato per la mia stanza delle
persiane di ferro, come le hanno a Parigi
alcuni hotel particolari, al piano terra,
per paura dei ladri. Mi farà anche
una porta uguale. Mi avrà creduto un
vigliacco, ma non mi importa!
10 settembre
Rouen, Hotel Continental. È fatta
è fatta
ma è morto? Ho
l'anima sconvolta da ciò che ho visto.
Ieri, dopo che il fabbro ferraio aveva sistemato
le persiane e la porta di ferro, ho lasciato
tutto aperto fino a mezzanotte, quando ha
cominciato a fare freddo.
Tutt'ad un tratto, ho sentito che lui era
là, e mi ha preso una gioia, una gioia
folle. Mi sono alzato lentamente e mi sono
incamminato verso destra, poi verso sinistra
per parecchio tempo in modo che lui non indovinasse
niente. Poi mi sono tolto gli stivaletti ed
ho calzato le ciabatte con una certa negligenza.
In seguito ho chiuso la persiana di ferro
e, ritornando a passo tranquillo verso la
porta, ho chiuso anche quella a doppia mandata.
Ritornando verso la finestra, l'ho fissata
con un catenaccio, la cui chiave ho infilato
in tasca.
All'improvviso, ho capito che lui si agitava
intorno a me, che aveva paura anche lui, che
mi ordinava di aprirgli. Stavo per cedere,
ma non l'ho fatto e addossandomi alla porta
l'ho socchiusa, appena appena per riuscire
a passare io stesso all'indietro e, poiché
sono molto alto, la mia testa toccava l'architrave.
Ero sicuro che non avrebbe potuto scappare,
così l'ho rinchiuso da solo. Che gioia!
L'avevo in trappola! Allora, sono sceso correndo
ed ho preso, nel salone sotto la mia stanza,
le due lampade ed ho rovesciato tutto l'olio
sul tappeto, sui mobili, dovunque. Poi ho
appiccato il fuoco e mi sono salvato, dopo
aver ben chiuso a doppia mandata la porta
d'entrata. Mi sono andato a nascondere in
fondo al giardino, in un'aiuola di alloro.
Quanto tempo! Quanto tempo c'è voluto!
Era tutto nero, muto, immobile; non un soffio
d'aria, non una stella, montagne di nuvole
che non si vedevano ma che pesavano sulla
mia anima così tanto
Ho guardato la mia casa ed ho aspettato. Quanto
tempo! Credevo già che il fuoco si
fosse spento da solo, o che lui l'avesse spento,
quando una finestra in basso si è schiantata
sotto la spinta dell'incendio ed una fiamma,
una grande fiamma rossa e gialla, languida,
carezzevole, è salita lungo il muro
bianco ed è arrivata fino al tetto.
Un chiarore si è visto tra gli alberi,
tra i rami, tra le foglie ed un fremito, anche
un fremito di paura. Gli uccelli si sono risvegliati,
un cane si è messo ad abbaiare; mi
è sembrato che il giorno di levasse.
Altre due finestre si sono schiantate ed ho
visto che tutta la parte bassa della mia casa
non era altro che uno spaventoso braciere.
Ma un grido, un grido orribile, superacuto,
lacerante, un grido di donna è passato
nella notte e due mansarde si sono aperte!
Avevo dimenticato i miei domestici! Ho visto
le loro facce terrorizzate e le braccia che
si agitavano!
Allora, perduto per l'orrore, mi sono messo
a correre verso il villaggio urlando: "Aiuto!
Aiuto! Al fuoco, al fuoco!" Ho incontrato
gente che arrivava già e sono tornato
con loro per vedere.
La casa adesso non era altro che un rogo orribile
e magnifico, un rogo mostruoso, che rischiarava
tutta la terra, un rogo in cui bruciavano
degli uomini e dove bruciava anche lui, il
mio prigioniero, l'essere nuovo, il nuovo
padrone, l'Horla!
All'improvviso tutto il tetto è sprofondato
tra le mura ed un vulcano di fiamme si è
innalzato fino al cielo. Da tutte le finestre
aperte sulla fornace vedevo la parte centrale
dell'incendio e pensavo che lui era là,
in quel forno, morto
Morto? Forse
Il suo corpo
Il suo
corpo che il giorno attraversava poteva essere
distrutto dai mezzi che uccidono i nostri
corpi?
E se non era morto?
solo il tempo forse
ha effetto sull'Essere Invisibile e Temibile.
Perché allora quel corpo trasparente,
quel corpo sconosciuto, quel corpo di Spirito
se anche lui doveva temere il male, le ferite,
le infermità, la distruzione prematura?
La distruzione prematura? Tutto il terrore
umano viene da lì. Dopo l'uomo, l'Horla.
Dopo colui che può morire tutti i giorni,
a tutte le ore, a tutti i minuti, con qualsiasi
incidente, è venuto colui che deve
morire soltanto nel suo giorno, alla sua ora,
in quel minuto perché ha toccato il
limite della sua esistenza!
No, no
senza dubbio, senza dubbio
non è morto. Allora
allora
bisogna che mi uccida io!
Guy De Maupassant
Trad. a cura di Gioia Nasti
gioia.nasti@tin.it